Ragazza lucana contrae il Covid a Roma: «Nel Lazio non mi hanno fatto il tampone, sono dovuta tornare in Basilicata»

Ragazza lucana contrae il Covid a Roma: «Nel Lazio non mi hanno fatto il tampone, sono dovuta tornare in Basilicata»
«Dopo aver segnalato il mio caso al numero verde mi hanno messo in quarantena per 14 giorni e mi hanno detto che non essendo residente non avrei potuto fare il test»....

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
«Dopo aver segnalato il mio caso al numero verde mi hanno messo in quarantena per 14 giorni e mi hanno detto che non essendo residente non avrei potuto fare il test». È la storia di una ragazza lucana costretta a tornare in Basilicata per fare un tampone dopo aver contratto il Covid a Roma.


È lei stessa a raccontare la vicenda, ripresa dalla testata Basilicata 24, attraverso un filmato pubblicato sul suo profilo Instagram. La giovane, laureata nel potentino, racconta di aver iniziato a soffrire i sintomi riconducibili al coronavirus: prima la febbre alta, poi la perdita dell'olfatto e del gusto. A quel punto, non potendo ottenere un tampone privatamente (al momento nel Lazio non è possibile), avrebbe contattato il numero verde fornito dalla Regione Lazio. 

«Mi hanno detto che sarebbero venuti a casa a verificare e che l’Asl mi avrebbe chiamata per fare il tampone», spiega la ragazza. Ma «tutto ciò non è mai accaduto - aggiunge - nonostante chiamassi tutti i giorni il numero verde. Ho cominciato ad avere tosse, febbre alta e mal di testa. Nessuno mi ha mai chiamato né ha verificato che io stessi realmente a casa».

«Io mi sono comportata correttamente per il bene comune - spiega la giovane - passati i sintomi e i 14 giorni di quarantena di mia spontanea volontà ho fatto un test sierologico. I dati non erano chiari, secondo il mio medico. A quel punto mio padre, cardiopatico, è venuto a prendermi e in macchina sono tornata in Basilicata. Quindi ho messo a rischio la salute dei miei familiari perché nella mia regione mi avrebbero fatto il tampone, che ho fatto, e ha dato esito positivo».

«A questo punto - conclude - mi chiedo perché un non residente non può avere il tampone in una città in cui ci sono tantissimi studenti fuori sede, turisti e persone di passaggio per motivi di lavoro? E se si fosse trattato di una persona anziana o con problemi di salute pregressi?».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino