Rapporto Annuale Istat: l'Italia recupera la ricchezza del 2007 ma perde i giovani

L'Italia ha superato la crisi del Covid meglio delle maggiori economie europee

Aumentano i lavoratori poveri
Ci sono voluti quindici anni, ma la catena di crisi internazionali che si è aperta nel 2007 è finalmente alle spalle. Lo certifica l'Istat nel suo Rapporto...

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Ci sono voluti quindici anni, ma la catena di crisi internazionali che si è aperta nel 2007 è finalmente alle spalle. Lo certifica l'Istat nel suo Rapporto Annuale, illustrato ieri dal presidente designato Francesco Maria Chelli. A fine 2023 il Pil reale è tornato ai livelli del 2007, recuperando il terreno perduto dopo la grande recessione che si è aperta per lo scoppio della bolla immobiliare negli Stati Uniti con la crisi dei mutui subprime e che ha superato la depressione del 1929 e contagiato tutte le economie mondiali, seguita dalla pandemia e dalle guerre. L'Italia a lungo, nella prima parte del quindicennio, ha perso colpi rispetto alle principali economie concorrenti tuttavia dal 2019 in poi ha ritrovato la sua forza, recuperando posizioni e un po' tutte le sue regioni, comprese quindi quelle meridionali, sono salite verso l'alto nel contesto dell'Unione europea. Ma l'Italia del 2023 anche se in forma dal punto di vista del tessuto economico si ritrova profondamente diversa nel suo aspetto perché è diventata il posto con meno giovani d'Europa. Solo il 17,5% dei residenti rientra nella fascia d'età che gli statistici definiscono giovane e cioè 18-34 anni. Sei punti in meno rispetto al 2002 - pari a tre milioni perduti - e due punti in meno rispetto al vecchio continente. Il futuro dirà se sarà il dinamismo del tessuto produttivo o oppure la crisi demografica ad avere maggiore peso; tuttavia l'Istat nel suo rapporto evidenzia con nettezza sia le opportunità e sia i rischi che il Paese si ritrova davanti e quindi offre una bussola per valorizzare le prime e minimizzare i secondi. E lo fa con un occhio particolare al Sud, dove si gioca per più motivi il futuro dell'intera Penisola. «È il Mezzogiorno - scrive l'Istat nel Rapporto integrale - la punta avanzata di una riduzione di giovani inedita per l'Italia». Un fenomeno senza precedenti e difficile persino da raccontare, al punto da spingere il demografo Alessandro Rosina a coniare il vocabolo «degiovanimento». Che è cosa diversa dall'invecchiamento. Nel Mezzogiorno il degiovanimento aggredisce con la stessa intensità sia i centri urbani sia le aree interne. Circostanza del tutto peculiare nel tempo e nello spazio.

Le opportunità

L'Italia ha superato la crisi del Covid meglio, sensibilmente meglio, nel paragone con le maggiori economie europee. Rispetto alla fine del 2019, il Pil dell'Italia in quattro anni è cresciuto del 4,2% contro il 2,9% della Spagna, l'1,9% della Francia e lo 0,1% della Germania. L'effetto incentivi sull'edilizia ha contribuito, ma la spinta è arrivata anche dagli investimenti per l'innovazione. L'export resta il fiore all'occhiello dell'Italia, con un riposizionamento: si riduce il peso mondiale del tradizionale made in Italy del tessile-abbigliamento e dell'abitare, mentre crescono i prodotti alimentari e la farmaceutica, settori nei quali il Sud sta giocando al meglio la propria parte. Il Mezzogiorno peraltro recupera in parte la capacità di spesa delle famiglie. Nell'arco di dieci anni (2014-2023) la distanza tra le aree del Paese si è ridotta: nel 2024 le famiglie residenti nelle Isole avevano una capacità di spesa del 34% inferiore a quelle del Nordest (963 euro mensili in meno) mentre nel 2023 il divario più ampio vede il Sud in ritardo del 26% rispetto al Nordovest, con 773 euro in meno. Effetto della povertà, aumentata ovunque tra il 2014 e il 2023 soprattutto tra la popolazione straniera, più radicata al Nord. E infatti mentre nel Mezzogiorno la povertà assoluta è rimasta stabile intorno al 10%, al Nord è raddoppiata dal 4 all'8%. «Il reddito da lavoro - scrive l'Istat - ha visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio economico. Tra il 2014 e il 2023 l'incidenza di povertà assoluta individuale tra gli occupati è passata dal 4,9% nel 2014 al 7,6% nel 2023. Per gli operai l'incremento è stato più rapido passando da poco meno del 9% nel 2014 al 14,6% nel 2023». A partire dal 2019, come già evidenziato da questo giornale, la crescita del Pil procapite supera la media Ue in tutto il Mezzogiorno tranne l'Abruzzo mentre nel Centronord sono in affanno Piemonte, Toscana, Umbria e Lazio. Il Sud Italia è anche l'area più dinamica per la creazione di nuove attività culturali e, in agricoltura, per le attività bio e per quelle ad alta produttività, non solo in aree consolidate della Campania e della Puglia ma anche nella Sicilia Orientale, nella Calabria ionica settentrionale e in quella tirrenica meridionale. «Le imprese di questo raggruppamento - puntualizza l'istituto di statistica - hanno anche il più alto grado di apertura internazionale, con una quota di fatturato all'export del 2,8 per cento rispetto all'1,7 per cento della media nazionale».

I rischi 

Su un Mezzogiorno che dà chiari segni di rinascita incombe la tempesta demografica. L'Italia in vent'anni ha perso 3 milioni di giovani, di cui la metà meridionali. Il Sud Italia - scrive l'Istat - «è, attualmente, la punta avanzata di una riduzione dei giovani inedita per l'Italia. Queste tendenze demografiche si associano a un percorso più lungo e complicato verso l'età adulta, a partire dalla dilatazione delle transizioni familiari: l'uscita dalla casa dei genitori; la formazione di una famiglia propria; la genitorialità». La Campania è il territorio italiano dove si lascia più tardi il tetto familiare, con il 75,4% dei giovani 18-34 anni ancora dai genitori, contro il 67% medio nazionale. Il dato che colpisce di più è la rapidità della perdita dei giovani nel Mezzogiorno. Nelle aree interne la flessione nel ventennio 2003-2023 è stata del 28%, sei punti più che al Nord. Ma nelle aree urbane la discesa è del 27,1% al Sud e del 16,7% al Nord con un divario di oltre dieci punti. «In altri termini - sottolinea l'Istat - la popolazione giovanile tende a ridursi con maggiore intensità nei territori con opportunità occupazionali carenti e bassa produzione di ricchezza e viceversa. Le regioni del Mezzogiorno ricadono tutte nel quadrante caratterizzato da economia debole e forte riduzione dei giovani». L'emorragia di cervelli dovuta alle migrazioni interne, insomma, rischia di indebolire non più solo l'osso - per riprendere la storica metafora di Manlio Rossi-Doria - ma anche la polpa del Sud. 

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Il Mattino