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La domanda è inevitabile, persino scontata. Le risposte, per ora, molto meno immediate ma in fondo, forse, non c’è da sorprendersi. Perché se al momento è pressoché impossibile capire quanti dei primi 24,8 miliardi di risorse del Next Generation Eu assegnati all’Italia verranno spesi nel Mezzogiorno entro il 2021, non si può dimenticare che il Sud è uno dei tre obiettivi trasversali del Piano nazionale di ripresa e resilienza, appena approvato dall’Ue. Compare cioè in ognuna delle sei missioni strategiche del documento, con risorse che complessivamente sono state calcolate in 82 miliardi, più o meno il 40% del totale. Né va dimenticato che nella maggior parte dei casi si procederà per bandi di rilevanza pubblica e dunque l’assegnazione delle risorse dipenderà dalla qualità e dalla fattibilità (il termine ultimo resta il 31 dicembre 2026) dei progetti presentati sia a livello centrale sia soprattutto da parte di Regioni e Comuni, enti anche attuatori dei singoli interventi. Detto ciò, è evidente però che in questi primi 25 miliardi circa di fondi straordinari europei il Sud non manca pur nella complessità, almeno di oggi, di quantificarne gli importi e di puntualizzarne le modalità attuative. Gli investimenti in infrastrutture, soprattutto in funzione delle Zes, e gli asili nido, di sicuro, sono le priorità già allineate, per così dire, ai nastri di partenza, considerati gli enormi ritardi che sui due fronti il Sud ha accumulato in questi ultimi 20 anni. Ma anche alle voci più rilevanti del Pnrr, la transizione green e l’innovazione digitale, c’è attesa tra le imprese meridionali di settore specie in termini di incentivi (che dovrebbero essere magna pars della prima tranche di risorse Ue). Con la non trascurabile consapevolezza, però, che la loro presenza sul mercato appare ancora troppo minoritaria rispetto al Centro-Nord. Proviamo a scendere nel dettaglio.
Le infrastrutture
La missione più forte in assoluto di tutto il Pnrr in chiave meridionale (gli investimenti previsti superano il 50% del totale) è di fatto già partita.
Gli asili nido
Che siano una priorità, come detto, è evidente, specie se rapportati all’esigenza di favorire un maggiore accesso delle donne al lavoro, altra missione trasversale del Pnrr in chiave Sud. Non ci sono ancora i numeri, però. Non si può dire cioè oggi quanti bambini del Sud potranno accedere ai nuovi asili nido entro il 2026: dipenderà, spiegano al governo, dalla capacità degli enti locali di rispondere ai bandi: il primo si è già chiuso il 21 maggio e vale 700 milioni ma con regole che premiano il cofinanziamento e quindi favoriscono le aree più ricche.
La transizione verde
Tra gli incentivi di imminente emanazione quelli per la produzione di energia a idrogeno e la diffusione dell’economia circolare sembrano guardare anche al Sud, coinvolgendo capotale privato ed enti locali. Qui però conteranno molto le linee guida del governo, essendo come detto una priorità assoluta dell’intera operazione Next Generation Eu.
Quest’ultimo tema non giunge a caso. In una proposta di risoluzione presentata all’Europarlamento dai gruppi della maggioranza (dal Ppe ai Socialisti, ai centristi-liberali), si invita la Commissione a impedire che nell’utilizzo delle risorse del Piano per ogni Stato membro si ricorra al cosiddetto repackaging, la pratica cioè di riproporre «progetti senza un reale valore aggiunto, in particolare per le regioni in ritardo di sviluppo, soprattutto quando ciò rischia di aumentare il divario di convergenza sociale, economica e territoriale dell’Ue». Nella proposta di risoluzione si sottolinea altresì che l’attuazione del Piano Ue «non può portare ad alcun abbassamento degli standard ambientali o andare contro le leggi e i regolamenti ambientali» e si invita pertanto la Commissione «a valutare e garantire che i piani nazionali di recupero e resilienza prestino adeguata attenzione alle misure per i bambini e i giovani, soprattutto nei Paesi in cui sono stati individuati problemi strutturali in settori quali l’abbandono scolastico, la disoccupazione giovanile, la povertà infantile e l’istruzione della prima infanzia». Richiamo più che opportuno se si ricorda che è proprio per ridurre il divario su questi fronti che all’Italia sono toccati i maggiori fondi dell’Nge.
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