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Pericolo scampato. L’onda sarda, la remuntada del campo largo Pd-Cinque Stelle contro il centrodestra al governo, si infrange in Abruzzo. È mezzanotte passata quando ai piani alti del governo si abbandonano gli ormeggi. Le prime proiezioni di Noto sono nette. Marco Marsilio stacca Luciano D’Amico di nove punti: 54,3 a 45,7 per cento. Game over. Il timore che ha percorso i leader di centrodestra Meloni, Salvini, Tajani e Lupi in questa domenica di attesa febbrile, trascorsa da separati in casa, ognuno per sé, lascia spazio a un brivido di euforia. La roccaforte abruzzese di Marsilio, il più meloniano dei governatori, inner circle purissimo della premier, esce intatta dall’assalto del campo larghissimo a guida Conte-Schlein.
I TIMORI
Pensare che i pronostici della vigilia raccontavano un testa a testa. Una partita aperta, con un centrosinistra competitivo grazie alla vittoria insperata, di un soffio, di Alessandra Todde in Sardegna. Invece a notte inoltrata nei caminetti della maggioranza riecheggiano lunghi sospiri di sollievo. Applausi, abbracci. Il bis di Marsilio è realtà. I dati delle liste raccontano un centrodestra che tiene, nel complesso. Un po’ sotto il trend nazionale Fratelli d’Italia, intorno al 24 per cento. In linea rispetto alle politiche la Lega di Matteo Salvini: vicina al 9 per cento. La novità si chiama Forza Italia: incassa circa il 14 per cento. Musica per le orecchie di Antonio Tajani, il mite segretario del partito azzurro che ha saputo tenere intatto e rilanciare, dopo la scomparsa di Berlusconi. Mentre la gamba centrista della coalizione, tra Noi Moderati e Udc, sfiora il 4 per cento: numeri significativi. Ce n’è abbastanza per tracciare i primi bilanci. «L’Abruzzo è diventato l’Ohio: è stato premiato il buongoverno», esulta Lupi. Meloni è sollevata e lo confida ai suoi, tra un messaggio e l’altro con l’amico Marco.
Quaggiù, sull’Adriatico, l’onda sarda non è arrivata. «Un episodio»: così bollano ora la vittoria del centrosinistra nell’isola dei Quattro mori che due settimane fa ha fatto sussultare Palazzo Chigi.
ROTTA SU BRUXELLES
Per Meloni è un all-in. Spera in un bagno di consensi la premier - e per questo è determinata a candidarsi - per sedersi più forte al tavolo. A Bruxelles, per garantire un sostegno esterno a una Commissione Ue guidata da popolari e socialisti e, così spera, dalla sua “amica” Ursula von der Leyen. Ma anche a Roma, per tenere nei ranghi gli alleati. Specie la Lega e Salvini, sempre più irrequieti. Anche per il “Capitano” la trafila di voti locali è una ragion di Stato. Può rafforzare la sua leadership nel partito, o indebolirla se il Carroccio non riuscisse almeno a pareggiare, da qui alle Europee, l’8 per cento delle politiche. Il sorpasso di Forza Italia, che dopo le urne di ieri prende forma, non aiuta a chetare le acque. È una biglia su un piano inclinato, il voto abruzzese che in una notte ha infranto i sogni di ribalta del centrosinistra. Chissà fin dove può rotolare.
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Il Mattino