Renzi: mi dimetto dopo la manovra «Resto segretario del partito: Non lascio quest'arma a Grillo»

Renzi: mi dimetto dopo la manovra «Resto segretario del partito: Non lascio quest'arma a Grillo»
Archiviato il lunedì delle tappe forzate dopo la deblace del voto, Renzi sceglie di non restare a leccarsi le ferite. «Non lascio la bandiera delle elezioni...

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Archiviato il lunedì delle tappe forzate dopo la deblace del voto, Renzi sceglie di non restare a leccarsi le ferite. «Non lascio la bandiera delle elezioni anticipate a Grillo e agli altri. Se lo facciamo il Pd è morto, fa la fine che ha fatto dopo aver appoggiato il governo Monti» è il grido di battaglia dell'ex rottamatore. Della serie: non mollo la guida del partito. E così via di nuovo in sella.

 
Cronaca di un rilancio immediato. Una sorta di zampata costruita su quella fetta del 40% di sì strappata alla torta referendaria. L'ultima mano di una partita al vetriolo per giocarsi il tutto per tutto.
Strategie nate da un vertice dem a Palazzo Chigi. Intorno al tavolo il (quasi) ex premier, Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Maurizio Martina e Matteo Orfini. L'asse sinistra-renziani doc. Sono loro gli alfieri delle elezioni anticipate sulla base dei 13 milioni di italiani fedeli alla riforma. Un manipolo arciconvinto del fatto che si possa andare al voto politico al massimo entro febbraio.
Prove tecniche di reazione. L'idea è più o meno questa. Sarebbe Renzi a portare il Paese al voto da presidente del Consiglio dimissionario. Ma il Quirinale non accetterà mai un vuoto di potere lungo due mesi. Allora, Renzi potrebbe pure non dimettersi più, rimanere in carica poche settimane per arrivare al traguardo dell'urna. Nessuna successione. Tenetevi pure gli esecutivi tecnici, men che meno un nuovo premier dem. Quanto al Pd, il segretario proporrà di trasformare il congresso in primarie per la premiership di centrosinistra, come quelle che incoronarono Romano Prodi nel 2005. Lui sarebbe in pista, ovviamente. Si vedrà.

Il resto è già storia: con il sì a Mattarella, le dimissioni finiscono in freezer nel nome degli impegni presi. La legge di bilancio non si tocca: va approvata alla svelta. Prima d'ogni altra cosa. Parola d'ordine: fare presto. E in parallelo scongiurare altri strappi. L'obiettivo del Quirinale è trasmettere agli alleati europei e ai mercati finanziari l’immagine di un’Italia stabile, che sta archiviando senza traumi la stagione renziana. La reazione delle Borse alla disfatta referendaria è stata già un buon segnale. Ha smentito gli allarmismi alimentati dal fronte del sì alla vigilia del voto. Ora, si tratta di mettere in piedi una nuova coalizione in tempi rapidi: probabilmente entro metà dicembre, sapendo che si deve risolvere una crisi atipica rispetto al passato

Avanti tutta, dunque. Infatti già domani si va in aula al Senato con il voto di fiducia sull'articolo 1 del ddl di Bilancio che contiene la manovra. Lo ha deciso ieri la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama a maggioranza.
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Il Mattino