Il padrino Riina in ospedale, scontro tra i difensori e la Procura

Il padrino Riina in ospedale, scontro tra i difensori e la Procura
Totò Riina non chiede e non ha mai chiesto di tornare a casa, a Corleone. Perché, spiega il suo avvocato, Luca Cianferoni, le sue condizioni di salute peggiorano e...

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Totò Riina non chiede e non ha mai chiesto di tornare a casa, a Corleone. Perché, spiega il suo avvocato, Luca Cianferoni, le sue condizioni di salute peggiorano e non gli consentono di vivere in un'abitazione civile. Per questo la richiesta al tribunale di Sorveglianza di Bologna è di un differimento della pena nella forma della detenzione ospedaliera. La conseguenza sarebbe la revoca del 41 bis.


Ai giudici, che depositeranno la decisione nel giro di qualche giorno, la difesa ha consegnato una nuova e recente relazione dei medici dell'ospedale Maggiore di Parma, dove Riina è ricoverato nel reparto detenuti, che parla di «un aggravarsi progressivo e netto del quadro clinico» e vorrebbe che individuassero un luogo in cui l'86enne capo dei capi di Cosa Nostra, «non più autosufficiente», possa ricevere assistenza continua. Una «casa di riposo, ospedalizzata», ha detto Cianferoni.

All'istanza, che punta dunque a modificare il duro regime detentivo a cui è sottoposto il boss, si è opposto il procuratore generale di Bologna Ignazio De Francisci, magistrato siciliano che fece parte del pool palermitano di Falcone e Borsellino, personalmente in aula a rappresentare l'ufficio giudiziario che dirige. Riina era collegato in video conferenza dall'ospedale. Era a letto, con lo schienale sollevato, e non ha fatto dichiarazioni.


Nel decidere sull'uomo arrestato nel 1993 e condannato per le bombe negli anni del terrore degli attentati mafiosi e per la strage di Capaci, il tribunale di Sorveglianza, presidente Antonietta Fiorillo, dovrà necessariamente tenere conto della pronuncia della Cassazione che il 5 giugno ha annullato una precedente ordinanza dello stesso tribunale. I supremi giudici hanno affermato «l'esistenza di un diritto di morire dignitosamente» che deve essere assicurato al detenuto. E hanno detto che la Sorveglianza, nel motivare, aveva omesso di considerare «il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico». Tra gli elementi forniti al collegio da Cianferoni, «moderatamente ottimista» per l'esito, c'è appunto la nuova relazione medica, firmata dal primario della Medicina Interna di Parma, Michele Riva. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino