Diciottenne sgozzata dalla madre, amica diffonde un suo file audio: «Vivo come nell'Inferno di Dante»

Yasmine, la ragazza marocchina di 18 anni uccisa dalla madre
«Mamma non mi dice la verità su molte cose, mi rende la vita impossibile, vivo come nell’Inferno di Dante». È il messaggio audio inviato da...

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«Mamma non mi dice la verità su molte cose, mi rende la vita impossibile, vivo come nell’Inferno di Dante». È il messaggio audio inviato da Yasmine, la 18enne uccisa dalla madre, a un’amica del liceo scientifico Vailati, scuola d’élite di Genzano dove la ragazza marocchina frequentava la 4F. Una studentessa esemplare, con tutti voti alti in pagella, molto stimata dai professori e dai compagni di classe.



Eppure Yasmine, come ha detto alle amiche, era in un inferno dantesco, schiacciata tra la voglia di essere occidentale e le radici marocchine, la cultura musulmana e il Corano che lei leggeva da sola in casa: curiosa e studiosa com’era anche la sua religione andava approfondita. Yasmine Seffahi, nata a Biella da genitori marocchini, non ha mai conosciuto il padre, che l’ha lasciata in fasce per andare prima in Spagna, poi in Marocco. Per lei l’Italia era il suo paese e con la mamma Saliha Marsli, 43 anni, aveva raggiunto il Lazio, per vivere prima a Genzano, fino al 2015, poi a Cecchina, popolosa frazione di Albano Laziale. La 18enne era integrata. «Bella, allegra, sorridente - dicono ora gli amici - ma da venti giorni era diventata cupa e pensierosa, ce l’aveva con la mamma che la limitava e voleva che stesse di più a casa».
 
Mentre lei era come un fiore appena sbocciato, sabato era stata all’inaugurazione di un bar a Cecchina e si era fatta dipingere il viso, poi aveva scattato molti selfie con le amiche, a loro confidava i primi amori e le ansie che da venti giorni la torturavano. Da un lato la voglia di essere se stessa, dall’altra la paura di dover lasciare l’Italia e gli amici per andare in Francia, dalla sorella più grande, o addirittura in Marocco.

Madre e figlia non navigavano nell’oro, la madre faceva la colf e la badante, lavorava molto per pagare le bollette e l’affitto del piccolo attico di 30 metri quadri in via Francia 33, mai un ritardo, la pigione saldata sempre in contanti (non aveva conto corrente), ma i soldi non bastavano mai e, forse, in condizioni di forte stress psicologico, la donna all’ennesimo litigio con la figlia, proprio per il suo modo di essere, domenica alle 20,30 è stata colta da raptus, ha impugnato un coltello da cucina e ha tagliato a gola alla figlia, poi ha dato fuoco alla casa e, con una scala e il coltello sanguinante in mano, è salita sul tetto e si è gettata dal lucernaio del quarto piano, precipitando nel giardino di un’abitazione al pian terreno. È morta sul colpo. La figlia è stata ritrovato, in una pozza di sangue, all’entrata dell’appartamento dopo che i vigili del fuoco avevano sfondato la porta chiusa dall’interno.


Ieri i carabiniere di Castel Gandolfo e della stazione di Cecchina hanno informato la sorella più grande di Yasmine, che vive in Francia, dell’omicidio suicidio e che a breve raggiungerà Roma.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino