La tecnologia al fianco dell’archeologia. Sono stati i potenti “occhi bionici” di un Radar Gpr (sigla che sta per ground penetrating radar) a scoprire e...
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Siamo a circa cinquanta chilometri dalla Capitale, all’altezza di Fabrica di Roma, al confine con Civita Castellana. È qui che lo staff delle università di Cambridge e di Ghent, guidato dall’archeologo Martin Millet ha condotto negli ultimi tre anni le speciali indagini hi-tech, grazie alla sinergia con la Soprintendenza per l’Area metropolitana di Roma guidata da Margherita Eichberg. La città cosiddetta di Falerii Novi, distinta dalla Falerii Veteres, rappresenta il cuore dell’Agro-Falisco. Era nota fin dall’800, soprattutto per le rovine che puntellano il vasto terreno pianeggiante. Poche ma monumentali. Le mura possenti e la meraviglia della chiesa di Santa Maria di Falleri, l’unico monumento completo sopravvissuto ai secoli.
Poi il nulla. In fondo, per gli archeologi ha sempre rappresentato un mistero. Sorta nel 241 a.C., in contrapposizione alla vecchia città arroccata, per annettersi a Roma e seguirne lo sviluppo durante l’impero. «Le nuove indagini hanno consentito di raccogliere una grande quantità di dati ricavati il sistema Gpr che fanno chiarezza sulla città», racconta Daniele Maras, funzionario della Soprintendenza e responsabile del sito, che ha seguito passo passo l’impresa. Operazione non così scontata, visto che i terreni indagati sono tutti privati.
Il Gpr funziona come un radar normale, che rimbalza le onde radio sugli oggetti, e usando questa eco riesce a costruire un’immagine a profondità diverse. Con questi strumenti i ricercatori hanno analizzato un’area di 30,5 ettari. Cosa è emerso? «La disposizione della città era meno standardizzata rispetto a molte altre ben studiate, come Pompei - racconta Millet - Il complesso del mercato, il tempio e le terme erano architettonicamente più elaborati del previsto per una piccola città».
Nella parte più a sud, i radar hanno rivelato una grande costruzione rettangolare collegata ad una serie di tubature dell’acqua che portavano all’acquedotto, e scorrevano non solo lungo le sue strade ma anche sotto le sue insulae (gli isolati romani).
Il Mattino