Il bambino lo aveva ucciso al primo vagito, dopo avere partorito di nascosto. Del corpicino si era liberata con calma, il giorno dopo, buttandolo in un cestino della spazzatura....
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
IL PARTO
Il piccolo era un maschietto di tre chili. Era nato vivo, alla trentotessima settimana di gravidanza, ed è stato soppresso, o meglio lasciato morire nel water dalla mamma, in quel momento in stato confusionale, ma in grado di intendere: è questa per ora la conclusione dei magistrati. La perizia sul feto, effettuata dal medico legale Costantino Ciallella della Sapienza, ha smentito la giustificazione dell'indagata: il bimbo non era nato morto. Il piccolo infatti avrebbe respirato e vagito. E non sarebbe morto per cause naturali, ma soppresso dalla mamma che aveva tenuto nascosta la gravidanza ai genitori e alla sorella, con la quale da qualche tempo conviveva. Ad aggravare la posizione dell'indagata anche i risultati della perizia psichiatrica. La giovane, infatti, non è risultata affetta da patologie gravi, ma solo da difficoltà emotive e caratteriali.
IL CESTINO
Il caso era scoppiato la sera del primo marzo 2013, quando al pronto soccorso del San Camillo si era presenta una ragazza in preda a una forte emorragia. I medici avevano capito subito che il parto era avvenuto poco prima, le avevano chiesto notizie sul piccolo, tanto che la giovane, dopo aver negato con forza l'evidenza, avrebbe parlato del cestino dove aveva lasciato il fagotto. L'allarme, scattato immediatamente, non ha consentito di salvare il bambino: nato e morto il giorno prima, il 28 febbraio. La giovane così era stata arrestata e piantonata in ospedale, poi era stata mandata ai domiciliari, in una casa per donne in difficoltà.
LE ACCUSE
Per l’accusa «L'imputata subito dopo aver partorito un figlio all'interno della propria abitazione, ometteva di prestargli e fargli prestare la necessaria assistenza medica, cagionandone in tal modo la morte». Ma la donna risponderà anche di occultamento di cadavere «perché - ha concluso il pm - dopo aver partorito il neonato ne infilava il corpo senza vita all'interno di un sacchetto di plastica che il giorno successivo riponeva in un cestino della spazzatura nel piazzale antistante al reparto di ostetricia del San Camillo, dove si era nel frattempo recata per far fronte all'emorragia che l'aveva colpita».
Secondo gli avvocati Antonio Iona e Stefania Ciliberto, la giovane non ha voluto provocare la morte del bambino. «Ha avuto un distacco improvviso di placenta accertato anche dalla procura - hanno sottolineato in udienza preliminare - e un immediato parto difficile. Neanche un’ambulanza con rianimazione neonatale avrebbe reso possibile la sopravvivenza. Lei ha avuto subito la percezione della morte del piccolo, nato cianotico». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino