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La carta Virginia era una carta scaduta agli occhi dei 5Stelle. Era l’intoppo che impediva ai vertici del movimento di accordarsi con il Pd per un candidato comune da mettere in pista per il Campidoglio, quel proverbiale Mister X in rossogiallo - ma chi? la ricerca non portava frutti - su cui Zingaretti ha puntato invano le sue carte così come lo hanno fatto i governisti del grillismo. L’assoluzione della Raggi l’altro giorno ha scompaginato tutto, e ha trasformato Virginia, agli occhi di M5S, da intoppo a «grande risorsa». E tanti saluti alle speranze o velleità di avere un candidato grillo-dem da scegliere e da schierare. Si va dunque in ordine sparso, e poi al ballottaggio si vedrà chi arriva e come fare accordi, e intanto i sondaggi danno al 15 per cento la Raggi, e sono quote su cui si può lavorare, dicono in casa 5Stelle. Dove si sta cominciando ad abbozzare un vero e proprio piano per puntare forte su Virginia - e scurdammoce ‘o passato - e per farle superare il primo turno.
Si tratta di una strategia in sei punti. Nella speranza che le vecchie ruggini tra Virginia e M5S riescano ad essere coperte dalla reciproca dissimulazione e dalle vicendevoli convenienze. Il fattore tempo, nel piano 5Stelle, è il punto primo da sfruttare. Ovvero: la speranza è che, a causa del Covid, le elezioni capitoline previste per maggio slittino a dopo l’estate. Questo darebbe modo alla Raggi di prolungare la sua operazione di recupero di credibilità agli occhi dei romani e di prolungare la campagna elettorale che ha già cominciato sfoggiando concretismo: io faccio le cose, e ve le comunico; io riapro finalmente il Mausoleo di Augusto e questo è per Roma un richiamo importantissimo anche a livello mondiale; io ho tardato a fare perché bisogna fare tutto nella pienezza della legalità ed essiccando - ma ci vuole del tempo - le vecchie abitudini opache e paludose che tanto male hanno fatto alla Capitale.
E via dicendo.
Terzo punto dell’operazione rilancio. Riguarda Beppe Grillo. «Solo Virginia lo può rimotivare, solo lei può spingerlo a scendere di nuovo in campo con noi», dicono ai piani alti M5S. Ed è un fattore decisivo riavere dalla propria parte il Fondatore, che su un palcoscenico maestoso come Roma troverebbe la sua vecchia ispirazione e che è stato l’unico a festeggiare («Daje Virginia!» l’autocandidatura della sindaca nello scorso agosto. Punto quattro. Per Di Maio e per gli altri, sarebbe pessima cosa se Virginia facesse asse con Dibba e altri descamisados contro il quartier generale. Quindi, va vezzeggiata, integrata e promossa. Ne consegue il punto quinto: favorire l’ingresso della sindaca nell’organo collegiale che comanderà il movimento nei prossimi mesi. Magari questo sostegno del partito grillino - ormai considerato un partito di sistema oltretutto in crisi di consensi e non più il titolare di quella ventata innovativa e alternativa di cui Virginia ancora si crede depositaria e così la vedono i suoi fan - potrebbe perfino danneggiare invece di aiutare la corsa bis della sindaca. E comunque, punto sei: scatenare la Raggi insieme a tutto il movimento, ai parlamentari romani e ai ministri, nel pressing su Conte per i soldi del Recovery a Roma e per i poteri speciali a Roma Capitale. E intestarsi più di altri questa complicata battaglia. Queste sono una serie di mosse, altre se ne aggiungeranno nella road map alla conquista del bis. Che resta, dir poco, ardua.
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