C’è voluto il mal di testa per far approvare quasi all’unanimità una legge al Senato. In via definitiva è stato dato il via libera (235 sì...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
«Finalmente usciamo dal cono d’ombra - commenta Lara Merighi, coordinatrice di Alleanza cefalalgici un’associazione di pazienti - e diventiamo come tutti gli altri pazienti con malattie croniche. Una tutela sociale sanitaria che dà dignità alla nostra sofferenza. Speriamo nell’apertura di nuovi ambulatori e in una maggiore sensibilità nei confronti dei bambini. Io oggi ho 69 anni ma ho iniziato ad avere le crisi fin dall’asilo. Ho faticato per far capire che non avevo un mal di testa passeggero ma una malattia che porti sempre con te». Il testo approvato, un solo articolo, indica quali devono essere le condizioni perché una persona con cefalea possa essere definita malata cronica: a) emicrania cronica e ad alta frequenza; b) cefalea cronica quotidiana con o senza uso eccessivo di farmaci analgesici;c) cefalea a grappolo cronica;d) emicrania parossistica cronica;e) cefalea nevralgiforme unilaterale di breve durata con arrossamento oculare e lacrimazione;f) emicrania continua. «Parliamo di una condizione molto diffusa, spesso mal diagnosticata e curata in modo appropriato - spiega la prima firmataria deputata della Lega Arianna Lazzarini - un punto di partenza e di attenzione verso chi ne soffre, con una prevalenza netta di donne nella fascia 20-50 anni». Donne particolarmente colpite in una fascia di età importante per la vita sociale e lavorativa. Aggravate, come rivela un’indagine del Censis “Vivere con l’emicrania”, da una sottovalutazione della patologia.
LEGGI ANCHE Il cervello continua a sentire in punto di morte
Le stesse pazienti ci mettono fino a sei anni per rendersi conto che si deve chiedere aiuto e avere una diagnosi certa.
«La cefalea primaria cronica, come patologia invalidante riconosciuta, refrattaria alla terapia, è in grado di limitare o compromettere la capacità di far fronte agli impegni di famiglia e di lavoro coinvolgendo anche tutta la filiera lavorativa», commenta il senatore del Movimento 5Stelle Raffaele Mautone, componente della Commissione Sanità. L’obiettivo della ricerca è quello di affrontare il problema come una patologia vera e propria, dunque, e non solo una serie di crisi di frequenza e durata variabile.
LEGGI ANCHE Pressione bassa in estate: come sopravvivere
«Importante è che i pazienti di tutto il Paese possano avere accesso alle nuove terapie - spiega Pierangelo Geppetti presidente della Società italiana per lo studio delle cefalee - ricordiamo che stiamo parlando di una malattia che non fa morire ma fa vivere male, molto male. Con dieci o venti crisi al mese. Del mal di testa troviamo tracce fin dai tempi di Aelius Galenus, 160 dopo Cristo, ma possiamo dire che solo in tempi recenti si è avuta la consapevolezza della malattia. Ci sono state epoche in cui le donne con la cefalea venivano bollate come isteriche e non curate. Ora, anche le terapie, ci aiutano. Parliamo di anticorpi monoclonali studiati per bloccare l’attività di una piccola proteina, Cgrp, responsabile degli attacchi». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino