Coronavirus, Israele chiude il Santo Sepolcro: è successo soltanto nel 1349

Non accadeva dal 1349 quando la peste nera cominciò a diffondersi anche in Terra Santa. Fu allora l'ultima volta che il grande portone di legno del Santo Sepolcro venne...

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Non accadeva dal 1349 quando la peste nera cominciò a diffondersi anche in Terra Santa. Fu allora l'ultima volta che il grande portone di legno del Santo Sepolcro venne chiuso sine die. Esattamente come è accaduto in questi giorni a Gerusalemme su disposizione del ministro israeliano della Salute, il rabbino Yaakov Litzam.




La basilica più sacra della cristianità, dove si venera il luogo della sepoltura di Gesù Cristo dopo la sua crocefissione sul Golgota, si riaprirà in data da destinarsi. Il giorno della chiusura sono state avvisate le due famiglie musulmane che si tramandano, di padre in figlio, la custodia della porta e della chiave, un cuneo di ferro di 30 centimetri. Normalmente avviene aperta ogni giorno la mattina prestissimo e al tramonto con lo stesso rito, prima si appoggia una scala che un monaco dall'interno fa passare all'esterno, poi viene bloccato il primo catenaccio in alto e, infine, quello più basso con il secondo cuneo. Da quel momento entra in vigore una specie di extra omnes.

Il coronavirus ha stravolto letteralmente anche le celebrazioni di Pasqua al Santo Sepolcro, comprese la via crucis sulla via dolorosa e la passione. La comunità cristiana è sotto choc ma spera ancora che il premier Netanyahu possa concedere una dispensa speciale. Su questo dovrà esprimersi il Comitato di Sicurezza Nazionale. Nel caso si tratta di autorizzare l'ingresso a un minuscolo gruppetto di capi religiosi cattolici, armeni, ortodossi per celebrare il Triduo Pasquale in versione ridotta, sottotono, a porte chiuse, senza pellegrini e naturalmente rispettando almeno due metri di distanza per evitare che le goccioline di saliva diffondano il contagio anche se, all'interno del Santo Sepolcro, potrebbe risultare piuttosto difficoltoso per via delle dimensioni.
 
Nel frattempo i leader cristiani si sono consorziati per fare pressioni sul governo. Il patriarca greco-ortodosso Theophilos III, il custode di Terra Santa, Francesco Patton e il patriarca armeno, Nourhan Manoughian hanno scritto al primo ministro e per conoscenza anche al presidente Rivlin e al procuratore generale, Avichai Mandelblit per lamentarsi che «il più sacro sito dei cristiani resta chiuso non solo per i fedeli, ma anche per i capi delle Chiese che vi vivono dentro» e che questo non corrisponde al rispetto della libertà di culto e dalla parità di trattamento con le altre componenti religiose della società israeliana. Insomma, un atto di guerra. Naturalmente la vita liturgica all'interno della basilica sebbene a porte chiuse in ottemperanza ai divieti in vigore continua regolarmente grazie ai monaci e ai frati che stabilmente presidiano il complesso da dentro (senza poter uscire).

Per il governo decidere se accontentare i leader cristiani e dare loro modo di celebrare la Pasqua significa aprire un contenzioso con ebrei e musulmani visto che il ministro della salute ha disposto la chiusura anche del Muro del Pianto, di tutte le moschee e delle sinagoghe. Anche i rabbini stanno facendo pressione per poter festeggiare Pesach, la pasqua ebraica che inizia l'8 di aprile.
 

Nel frattempo la situazione ha innescato polemiche a raffica, stavolta al centro della bufera  è finito il ministro della Salute, il rabbino Liltzman, l'estensore dei provvedimenti di chiusura per tutti i luoghi di culto. Una televisione israeliana - N12 - ha scoperto il ministro che in barba ai divieti (da lui imposti) faceva ingresso in una sinagoga con una dozzina di persone. In molti ora chiedono le sue dimissioni per mancanza di coerenza. A completare il quadro bizzarro la notizia che Litzman è stato riscontrato positivo al tampone e ora dovrà rispettare un rigoroso isolamento.​
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Il Mattino