Potrebbe rivelarsi addirittura un’operazione win-win, positiva per tutto il centrosinistra, il distaccamento della minoranza dal Pd per dare vita a un nuovo partito. Se...
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Per Enzo Risso, direttore scientifico dell’istituto Swg, «un gruppo che si allontani dal Pd non intacca la parte centrale e stabile del consenso. La maggioranza degli elettori resterebbe con Matteo Renzi mentre un’eventuale lista che nascesse a sinistra del Pd, frutto delle scissione, si attesterebbe intorno al 3 per cento. Se poi questa lista riuscisse a unire tutto quello che sta a sinistra dei democratici, da Sel a rifondazione, dai verdi a Idv, ecc, potrebbe arrivare all’8-10 per cento.
Anche per Alessandro Amadori, vicepresidente dell’Istituto Piepoli, un nuovo partito che dovesse nascere dalla scissione del Pd «arriverebbe al 3-4 per cento, che anche se sembra poco non lo è affatto e potrebbe raddoppiare se si riuscisse a fondere con le altre formazioni che stanno a sinistra dei democratici. Il Pd perderebbe pochi punti perché i partiti sono ormai come i marchi e non si snaturano per il cambio di un leader o per l’uscita di una parte e l’elettore presenta una certa vischiosità ad abbandonarlo. Quei pochi punti però, farebbero sicuramente scendere il Pd sotto il 30 per cento e potrebbero essere determinanti per farlo superare dal M5s che diventerebbe così il primo partito italiano».
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