L'Italia è l'unico paese dell'Unione Europea, insieme a Portogallo e Grecia, che non si è ancora dotato di un deposito nazionale per le scorie nucleari e radioattive...
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Quello dello smaltimento di questo tipo di rifiuti è un argomento complesso e spinoso, come hanno dimostrato le vicende di Scanzano Jonico, dove nel 2003 si sfiorò il tumulto popolare dopo l'annuncio, da parte dell'allora governo Berlusconi, di voler piazzare lì un deposito di profondità. Un deposito nazionale unico per rifiuti nucleari a bassa e media intensità è necessario e non più prorogabile, ma la politica non riesce ad avere il giusto passo per affrontare la questione.
Fanno discutere, e molto, i diversi criteri di esclusione (ben 27) e di approfondimento. Circa il 70% del territorio italiano verrebbe subito escluso per via della sismicità, ma anche altre situazioni naturali come la frequenza di frane e allagamenti influiscono pesantemente, lasciando disponibile una porzione pari ad appena lo 0,8% della superficie del nostro paese. E la polemica non tarda ad arrivare, perché c'è chi sostiene che la sismicità non sia un vero pericolo: «Quello che conta veramente sono i criteri da utilizzare nella costruzione».
In alcune zone che potrebbero essere interessate, come Matera o Altamura (Bari), si sono già attivati dei comitati contro le scorie nucleari. Ce ne sono anche in Sicilia e in Sardegna, ma l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) ha già annunciato di aver scartato le isole per motivi economici. Attualmente le scorie nucleari vengono smaltite in 23 siti in tutta Italia, la maggior parte dei quali concentrati nel nord-ovest. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino