Scuola e disabilità, l'appello di Nocchetti: «Caro ministro, almeno non chiamateli minorati»

Toni Nocchetti, presidente di Tutti a scuola
Una richiesta minima, che magari può sembrare superflua a chi non vive direttamente un qualunque tipo di disabilità, ma è anche da queste sfumature che si...

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Una richiesta minima, che magari può sembrare superflua a chi non vive direttamente un qualunque tipo di disabilità, ma è anche da queste sfumature che si misura il grado di civiltà di uno Stato. E allora il presidente di Tutti a scuola, Toni Nocchetti, che con la sua associazione da anni si batte per la difesa dei diritti degli alunni disabili, ci prova e rivolge un appello al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Lorenzo Fioramonti: «Elimini “minorati psichici” dalle lettere di convocazione degli insegnanti di sostegno», chiede in un video diffuso su Facebook.

«Caro Ministro dell'istruzione, immagino che questi siano giorni complicati per lei, ma vorrei per qualche istante approfittare della sua attenzione su un particolare che riguarda la scuola dei disabili – esordisce Nocchetti –. Non si preoccupi, non le chiederò di obbligare alla formazione gli insegnanti curricolari e di sostegno; non le chiederò nemmeno di aumentare di almeno 40mila unità il numero d’insegnati di sostegno». E ancora: «Stia tranquillo, non le chiederò nemmeno di rendere il piano educativo individuale obbligatorio, condiviso e sanzionabile in caso d’inosservanza da parte della scuola. Non si preoccupi, non le chiederò di garantire l’assistentato materiale e il trasporto scolastico a tutti gli alunni disabili che hanno la sfortuna di nascere al di sotto del fiume Po. Stia tranquillo, non le chiederò nemmeno di eliminare le barriere architettoniche che offendono il nostro sentimento di comunità. La mia richiesta è marginale, ma le assicuro ha un suo perché. Elimini la parola “minorati psicofisici” dalle lettere di convocazione che ricevono gli insegnanti. Quella parola, “minorati”, suona male, dice male, fa pensare male. A lei basta poco per cancellarla, almeno inizi da lì».
 
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E conclude citando una poesia di Gianni Rodari: «Abbiamo parole per vendere, parole per comprare, parole per fare parole. Andiamo a cercare insieme le parole per pensare. Abbiamo parole per fingere, parole per ferire, parole per fare il solletico. Andiamo a cercare insieme le parole per amare. Abbiamo parole per piangere, parole per tacere, parole per fare rumore. Andiamo a cercare insieme le parole per parlare».

 


Insomma, come sosteneva anche Nanni Moretti nel film “Palombella rossa”, le parole sono importanti. E lo sono ancora di più quelle scelte dallo Stato quando comunica con i suoi cittadini. E purtroppo quell’espressione, “minorati psichici”, non è contenuta solo nelle lettere di convocazione degli insegnanti di sostegno, ma basta effettuare una veloce ricerca su internet per rendersi conto che bandi, sentenze e linee guida pubblicate dal Miur utilizzano il termine “minorati” per individuare una persona con disabilità. Una dicitura che appartiene a una nomenclatura vetusta, che risale a un tempo in cui le persone con handicap venivano considerate inferiori e perciò emarginate. Da allora si sono fatti grossi passi in avanti e, almeno in teoria, i disabili vengono ritenuti non più un peso, ma parte attiva della società, tanto che da almeno un paio di decenni si è diffusa l’espressione “diversamente abili” per definirli. Certo, poi nel nostro Paese si è ancora molto lontani nella realizzazione dell’inclusione dei soggetti con problemi psicofisici, ma se lo Stato non ha abbastanza risorse per mettere in pratica quell’inclusività promessa, almeno aggiorni i termini burocratici utilizzando le parole giuste: più consone e meno offensive. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino