L'altra faccia, opposta e virtuosa, del sindacalismo a vanvera. È quella del sacrificio personale, da eroi normali, da patrioti semplici che non vanno a caccia del...
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(...) la ripartenza delle scuole, lo Stato cerca di arrangiarsi come può, le famiglie sono disorientate ma vogliono crederci, non si fanno scudo di questo per arrendersi e per disertare. C'è chi usa la creatività, per un nuovo inizio dignitoso della vita scolastica, e per tenere alto il buon nome della scuola italiana che - nel confronto con le altre - non sfigura affatto. Anzi. Ci sono piccole grandi storie esemplari. Che fanno massa. Che fanno qualità. Che reggono, o ci provano, un Paese.
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Viviana Arruzzolo, 37 anni, è maestra elementare all'istituto comprensivo G.B.Valente. Precaria dal 2004, ora è di ruolo. E in questi giorni sta coprendo anche le ore della collega che dovrebbe insegnare con lei ma che non è stata ancora nominata. «Il mio orario va così dalle 8.20 alle 13.45, un surplus di tre ore rispetto al contratto». Si lagna? No. È pronta ad andare in piazza con Unicobas? Ma figuriamoci. Le ore in più non le vengono calcolate come straordinari, «ma non mi importa questo - spiega Viviana - perché altrimenti i bambini sarebbero dovuti uscire prima». Tra i piccoli, c'è una bimba che in questi due giorni di ripresa mostra del comprensibile timore. «Al mattino la aspetto all'ingresso - aggiunge la maestra - la prendo per mano anche se le norme sul distanziamento non lo prevedono e lei si calma, così entriamo in classe e facciamo lezione». Le lacrime, con la mano stretta a quella della maestra, smettono di rigarle il viso. E non siamo nel libro Cuore. Ma quel libro l'Italia migliore l'ha immortalata e la tradizione ottocentesca della nostra scuola, che sa essere eccellente quando vuole e quando può, ha saputo resistere almeno un po' nel corso dei secoli. Ancora la Arruzzolo: «Spiego l'argomento del Covid come fosse un gioco. Da casa ho portato dei disegni da far colorare che raccontano tutte le procedure della sicurezza e che cosa è il virus. I bambini li colorano e imparano senza percepire questa situazione come una minaccia».
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Un'insegnante, alla scuola Col di Lana, quella frequentata dal figlio del premier, dietro Piazza Mazzini, si è offerta di fare a turno da scuola bus per gli alluni che abitano vicino a lei e a cui gira la testa - a loro e ai loro genitori - per il bislacco disordine delle entrare e delle uscite a orari sempre variabili, del singhiozzo didattico dei primi (si spera) giorni, per un viavai tra turni e alternanze che avrebbe bisogno di un cervellone artificiale per non andare in tilt.
Passione, dedizione, creatività, immediatezza della responsabilità, sensibilità educativa: ecco le 5 virtù dell'insegnante-eroe. Quello che si prende sulle spalle l'emergenza, come lo fecero i medici e gli infermieri al tempo degli ospedali che scricchiolavano nella fase più dura dell'aggressione del Covid, e cerca con buon senso di darle un senso che non sia catastrofico.
Al liceo Mamiani, immenso, 3 ingressi diversi, 2 palestre, 45 aule, 1200 studenti, su 15 addetti alle pulizie, ce ne sono solo 8 al lavoro. E non piantano grane, o si fingono malati, ma si rimboccano le maniche. Hanno sanificato tutto, giardini, cortili, classi, laboratori, perché ci tengono all'orgoglio personale e hanno un'idea non stantia del lavoro. Come Vincenzo Turso, 64 anni, collaboratore scolastico alla media Sinopoli, in via Mascagni. Quando l'istituto ha chiuso per la pandemia, lui non è rimasto con le mani in mano: ha impugnato invece cesoie e vernici, acquistate di tasca propria, per sistemare il plesso in vista di settembre. Nessuno gliel'aveva chiesto, tanto che la preside, Annunziata Di Rosa, quando ha visto che cosa era riuscito a fare da solo è rimasta sbalordita. Turso ha ridipinto tutto. Colori tenui sul verde e sul giallo che hanno levato via il grigiore e le macchie d'umidità degli ultimi anni. E via a potare le siepi in cortile, a togliere le erbacce e infine Vincenzo ha piantato un albero di ulivo e una pianta di nespolo. «Non è stata - così racconta - una fatica né vado in cerca di riconoscimenti. La scuola è la mia seconda famiglia e con tutto quel tempo libero ho creduto che fosse giusto occuparmi di essa».
Lui è invece il prof. Bonomo. Insegna arte al Morvillo di Tor Bella Monaca. Siccome è difficile orientarsi nei nuovi percorsi interi alla scuola, ha fornito alle famiglie le mappe satellitari, disponibili sul sito della scuola, dove gli ingressi e i percorsi sono nominati con i nomi dei frutti e degli artisti come Van Gogh, Picasso e Caravaggio.
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Sempre a Tor Bella Monaca, uno degli storici licei di periferia è il classico Amaldi. In tutto ci sono 1.300 studenti e altrettanti banchi monoposto che sarebbero serviti per l'intero plesso. Ma la vicepreside e insegnante di matematica, Adelaide Granese, ha optato per una rimodulazione. Algoritmi e metri alla mano ha conteggiato le effettive esigenze, facendo scendere gli ordini dei banchi a 82 unità. «Oggettivamente - spiega Adelaide - ci sembrava uno spreco chiedere tutti questi banchi, privandoli magari a realtà che ne avevano più bisogno. Calcolando le distanze e usando in parte i nuovi banchi insieme a quelli biposto abbiamo arredato le aule garantendo in tutte le misure anti-contagio. Questo ci ha permesso di risparmiare del tempo, postazioni corrette per gli alunni e una più ampia presenza a scuola per tutti». L'eroismo della normalità si compone di tante storie come queste. Tutto il resto è baccano. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino