Decine di aggressioni fisiche subite in appena 5 mesi e un fuoco incrociato che prende vita sui social network e dilaga tra le mamme più agguerrite, pronte anche ad alzare...
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E allora, per dare un freno al dilagare di una violenza che si alimenta sui social network, intervengono i presidi con la piena bocciatura delle chat tra le mamme: «Basta con queste chat usate in modo accusatorio verso i docenti denuncia Mario Rusconi, presidente dell'Associazione nazionale dei presidi di Roma e del Lazio - il bullismo a scuola si combatte non solo educando i ragazzi ma anche i loro genitori. Abbiamo creato un sito ad hoc, eTutorWeb, e a settembre partiremo con i corsi di sopravvivenza per i docenti con l'aiuto del policlinico Gemelli e della polizia postale».
L'Associazione nazionale dei presidi, inoltre, si è alleata con i pediatri proprio per contrastare la violenza dei gruppi dei genitori stilando un vademecum per non abusare dell'uso delle chat: un progetto realizzato dal gruppo Consulcesi che da oltre 20 anni lavora per contrastare il fenomeno delle aggressioni ai camici bianchi. Lo stesso che ora sta investendo anche i docenti della scuola ed è strettamente legato all'uso delle chat in cui i genitori criticano l'operato dei docenti e inaspriscono i rapporti. «Uno strumento come WhatsApp sottolinea Antonello Giannelli, Presidente dell'Associazione Nazionale Presidi - nato per favorire la comunicazione paradossalmente può creare un cortocircuito comunicativo: i gruppi dei genitori spesso sono ansiogeni ed esasperano la relazionalità. Tutto ciò in un contesto dove è venuto meno il principio di autorità perché non si rispettano più le persone che sono investite di una carica. Non sono tollerabili le aggressioni nei confronti degli educatori, che rivestono un ruolo strategico per il futuro della nazione». Come bisogna comportarsi online? Il vademecum prevede 5 regole d'oro: non agire d'impulso ma ragionando prima di dare un giudizio, non essere prevenuto in difesa del proprio figlio ed evitare lo scontro con i docenti, non minimizzare le segnalazioni ricevute e soprattutto silenziare Whatsapp preferendo un colloquio diretto. La battaglia quindi è culturale, sostanzialmente educativa. Su questo anche i Cobas sono in prima linea: «L'elenco delle violenze fisiche ai danni dei docenti da parte dei genitori si sta facendo impressionante - denuncia il portavoce Piero Bernocchi - ancor più diffuse sono le aggressioni verbali praticate dai genitori, che arrivano fino al mobbing e allo stalking i con gruppi agguerriti che, usando i social, esercitano una pressione verbale e psicologica ostile, intervenendo arbitrariamente nella didattica a favore dei propri figli e pretendendone il massimo successo scolastico. Questa attività asfissiante sfocia spesso in diffamazione pubblica e in vilipendio di docenti che, per inciso, sono anche pubblici ufficiali. Questa ondata di violenza si spiega con l'immiserimento materiale e culturale della scuola e con la conseguente delegittimazione della funzione del docente». Il sindacato sta lanciando infatti un pronto soccorso per docenti vittime di violenza e mobbing, che riceveranno anche assistenza legale per denunciare quanto subito nelle scuole o nel rapporto con le famiglie. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino