Tre ricercati, tre rapitori somali. È affidato alle parole di un testimone il destino di Silvia Costanza Romano, la giovane cooperante milanese sequestrata in Kenya due...
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TRE RICERCATI
Gideon Sabuti, il vicegovernatore di Kilifi, la contea dove è avvenuto il sequestro, parla di «caccia all'uomo» alla ricerca dei rapitori di Silvia. I pattugliamenti si estendono anche le contee limitrofe, anche quelle ai confini sono coinvolte nell'«allerta». Il riferimento implicito è alla Somalia, perché, secondo i media locali, un testimone oculare, Churchill Otieno Onyango, ha riferito fra l'altro che «i tipi che si sono avvicinati alla zona erano tre somali: due con armi da fuoco e uno senza». La polizia locale è sotto pressione perché si tratta del primo rapimento di uno straniero in Kenya, dopo il terribile biennio 2011-2012. Il più diffuso giornale del Kenya, Daily nation, ha riferito di quattordici fermi, ma nessun dettaglio dell'operazione è stato fornito. In particolare, la polizia sta cercando un uomo che aveva affittato una camera a due sospetti scomparsi dal momento del sequestro. Il quotidiano fornisce anche il nome: Said Abdi Adan, residente della contea di Tana River (a nord-ovest di Malindi) che aveva preso una casa in affitto per poi ospitare due persone. Sono spariti tutti lasciando a casa le loro cose, ha raccontato al giornale il proprietario dell'immobile. La pista che porta nelle campagne desertiche della Somalia dove sono annidati gli al-Shabaab, oltre che dai media locali, è evocata da un testimone oculare che ha definito «somali» i rapitori. In assenza di rivendicazioni, la polizia sottolinea di non avere indizi concreti sul movente del rapimento: alcuni testimoni dicono di aver visto i sequestratori cercare denaro, altri che abbiano puntato fin da subito la ragazza italiana.
L'ITALIA
Nel nostro paese, la cautela è grandissima. Il nuovo governo non cambia linea, rispetto alle scelte assunte da altri esecutivi in occasione di sequestri, l'ultimo ben 6 anni fa. Gli 007 italiani sono in queste ore alla ricerca di una prova che la 23enne sia ancora in vita, come avviene in questi casi. Un file audio o un video che confermino che la cooperante sia in buone condizioni e che possa essere avviata un'eventuale trattativa per la sua liberazione. La famiglia ha chiesto il silenzio stampa auspicando solo «Silenzio e pace, speranza e forza»: la sorella maggiore, Giulia, ha fatto sapere che «non condivideremo nessuna informazione finché Silvia non sarà a casa. Non siamo una famiglia cui piace stare in tv o sui giornali». Intanto il popolo del web impazza: da un lato chi inveisce contro la ragazza sostenendo che «se l'è andata a cercare», dall'altro, chi si incattivisce contro l'editorialista del Corriere Massimo Gramellini, reo di toni «paternalistici e misogini». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino