ROMA. Giovedì scorso sembrava che si fosse arrivati ad un accordo. Per settimane sindacati e governo avevano trattato sottotraccia per arrivare, prima del referendum, ad...
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I sindacati, in realtà, vorrebbero che il governo indicasse l'esatto stanziamento a carico del bilancio pubblico da destinare ai contratti, mentre per ora c'è solo un fondone che deve soddisfare anche altre istanze, come le assunzioni. «Normalmente i contratti riportano o un aumento pro capite medio o un aumento percentuale della massa», ragiona Rughetti. «Mi era sembrato che nella trattativa tecnica si fosse indicata la prima strada come elemento di valutazione migliore. L'importante», dice ancora, «è mettersi d'accordo su qual è il valore complessivo».
Proprio in questi giorni, i metalmeccanici e Federmeccanica hanno raggiunto un accordo per un aumento di 92 euro. Ma una buona fetta è basata su benefit come la copertura sanitaria integrativa o la formazione. È una strada percorribile anche nel pubblico? «Personalmente», dice Rughetti, «ho apprezzato molto la soluzione adottata nel contratto dei metalmeccanici. Anche noi abbiamo iniziato una interlocuzione sul tema con i sindacati». Ed in effetti, la bozza di accordo prevede l'introduzione anche nel settore pubblico di forme di welfare integrativo, fiscalità di vantaggio del salario legato alla produttività e un sostegno alla previdenza complementare. Altro punto di discussione è il principio, più volte indicato dal ministro Madia, di dare di più a chi guadagna di meno. «È una delle nostre richieste», ammette Rughetti. Anche se per i sindacati si tratta di una complicazione. Intanto la Consulta ha bocciato un pezzo importante della riforma della Pa. «Mi sembra evidente», ragiona Rughetti, «che c'è un pezzo del Paese, quello che ha in mano il potere reale, che non vuole le riforme ed in particolare non vuole che la nostra riforma della pubblica amministrazione vada avanti. Hanno individuato nel nostro ministero uno dei motori del cambiamento e vogliono fermarci».
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Il Mattino