Il rapporto dell'Avvocatura dello Stato sulla Tav sarebbe da tempo sul tavolo del ministero dei Trasporti e, probabilmente, anche su quello di Palazzo Chigi. Tant'è...
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Proprio il parere dei legali, che ricalcherebbe nella sostanza quello già espresso per la Tap e il Terzo Valico, ovvero che i costi di un blocco sarebbe ingenti per le casse dello Stato, consentirebbe ai grillini di uscire dall'angolo. Di fronte ad un maxi buco nei conti, l'alternativa, come del resto già indicato dalla Lega, è quella di non fermare la linea in costruzione, semmai di rivederla profondamente.
Palazzo Chigi , del resto, ha lasciato intendere che non basta infatti il no, per altro scontato, della commissione tecnica sui costi benefici a rimettere in discussione la tratta ferroviaria, ma che si dovrà tenere conto delle valutazioni legali, degli effeti cioè sul bilancio pubblico di un eventuale stop. Effetti che, secondo quanto risulta al Messaggero, l'Avvocatura avrebbe quantificato, tra lavori e studi già avviati, rimborsi, rescissioni dei contratti, ripristino degli scavi, in circa 3,4 miliardi. Una cifra massima che si basa, tra l'altro, su un documento messo a punto dalla Telt, la società di proprietà per il 50% del governo francese e per l'altro 50% di quello italiano, attraverso Fs, che stima gli extra costi che andrebbero sostenuti in caso di chiusura dei cantieri. Tra l'alttro ci sono anche i i dati di centri studi indipendenti che evidenziano i rischi non solo economici, ma anche di tipo occupazionale e sociale. Con migliaia di posti di lavoro in pericolo e 1,5 miliardi di appalti che andrebbero in fumo. Ieri il vice ministro alla Infrastrutture Edoardo Rixi è tornato sull'argomento: «Credo che l'auspicio del presidente Conte sia lo stesso che abbiamo espresso noi della Lega: trovare una soluzione che impedisca il blocco dell'opera e che di conseguenza non sia necessario il referendum. Quindi condivido l'atteggiamento che ha assunto Conti». La Lega si schiera dunque con il premier, confermando così la volontà dell'esecutivo di assumere una decisione politica sul tema della prosecuzione dei lavori della Tav in val di Susa, ovviamente dopo l'esame formale degli studi costi-benefici e degli aspetti legali dell'opera ferroviaria.
«Lo studio della commissione tecnica - ha infatti aggiunto Rixi - è uno strumento in più che abbiamo a disposizione, ma la valutazione che andrà fatta e la decisione che andrà presa, sono di natura politica. Si dovrà decidere entro fine gennaio-inizi febbraio, come era stato previsto e la possibilità che l'opera venga bloccata noi non la contempliamo». Una posizione che i 5Stelle dovranno digerire, a meno che non si scelga la via, ben più rischiosa, del referendum. Una mediazione sembra comunque possibile visto che anche il vice premier Luigi Di Maio non ha escluso, almeno in via teorica, un ripensamento dell'opera per ottenere risparmi rilevanti. E proprio sul fronte dei costi, da Palazzo Chigi è trapelato che i sei componenti della commissione tecnica guidati dal professo Marco Ponti, no Tav dichiarato, nominati dal Mit, ricevono un compenso annuale di 50 mila euro ciascuno per i loro studi, con «contratto rinnovabile alla scadenza e non decadono con il governo». Insomma, una task force in qualche misura blindata e che ha già espresso le sue valutazioni, bocciando di fatto tutte le grandi opere avviate, anche se di documenti ufficiali per ora non c'è ancora nessuna traccia. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino