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Tre lettere d’addio, ma anche e soprattutto il testamento olografo con il quale lo sceneggiatore tv Teodosio Losito nominava erede universale il suo compagno di vita, Alberto Tarallo, il patron della casa di produzione Ares, sarebbero falsi clamorosi. È emerso dall’inchiesta della Procura di Roma: il pm Carlo Villani indaga sul decesso di Losito, morto suicida nel gennaio 2019 e ha depositato il risultato di una perizia grafologica al Tribunale del Riesame, che dovrà pronunciarsi sul sequestro milionario disposto dagli inquirenti a carico del produttore.
Suicidio Losito, disposta perizia calligrafica sulle lettere d'addio
Le lettere nel mirino
Nel mirino della Procura, sono finite tre lettere d’addio a firma «Teo», datate 10 dicembre 2018, 18 dicembre 2018 e 8 gennaio 2019. Per verificarne l’autenticità, dopo che Tarallo le aveva lette in diretta tv durante la trasmissione “Non è l’arena”, su La7, gli inquirenti hanno utilizzato il testamento olografo dello sceneggiatore. Ed è emerso l’impensabile: per la consulente nominata dalla Procura, la dottoressa Maria Caldarazzo, si tratta di falsi: sia le lettere che il testamento - che riporta la data 24 ottobre 2007 - sarebbero stati scritti da Tarallo.
Ma andiamo con ordine. «Alberto, non sai quanto sono dispiaciuto per te, per questo epilogo che ti farà soffrire»: è l’incipit della prima lettera, che riporta la data del 10 dicembre 2018. Ecco invece un passaggio della successiva, datata 18 dicembre 2018: «Alberto sono corroso dai sensi di colpa». E ancora: «Lunedì ho provato a togliermi la vita, ma sono stato fermato. Troverai i segni sul mio braccio destro».
La dottoressa Caldarazzo sottolinea che, analizzando i testi, sono emerse «tali e tante concordanze comuni alle scritture di Alberto Tarallo da consentire di poter emettere un giudizio di un’unica provenienza genografica».
Non si tratta delle uniche anomalie rilevate. Per quanto riguarda il testamento, l’esperta sottolinea che «l’esame con il video comparatore spettrale in trasparenza e a raggi IR ha posto in evidenza che la scrittura manoscritta appare apposta sopra il timbro del notaio». E quindi sembra essere successiva al documento. Osservando il testamento di Tarallo, validato dallo stesso notaio, inoltre, emerge un altro dato considerato anomalo: «La scrittura compilativa del testamento a firma di Tarallo Alberto, sequestrato presso la sua abitazione presenta le stesse modalità, del “testamento” di Losito con la differenza che la “dichiarazione” del notaio, è posta in senso contrario alla manoscrittura». E ancora: acquisendo il testo apparentemente scritto da Losito, il notaio scrive: «Aderendo io notaio alla richiesta, ritiro dal comparente, alla presenza di testimoni, un foglio di carta A4 di colore bianco composto di due facciate, scritto sulla prima facciata per diciassette righe scritte a penna a sfera di inchiostro blu». L’esperta, però, sottolinea che il testo manoscritto è di 13 righe. La difesa di Tarallo, però, respinge le accuse e ha preparato a sua volta una perizia, curata dalla grafologa forense Silvia Passerini. L’esperta conclude che la grafia presente sulle lettere d’addio e quella dei testi delle sceneggiature sono totalmente differenti: presentano «caratteristiche individualizzanti di difficile alterazione volontaria». Tradotto: le lettere «non sono riconducibili alla mano di Tarallo». L’accusa di istigazione al suicidio, nel frattempo, potrebbe venire archiviata. Restano in piedi, ovviamente, il falso relativo al testamento e l’inchiesta legata al crac della Ares. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino