Quando è salito sulla vetta del monte Paektu, la montagna iconica per la propaganda nordcoreana, il presidente del Sud Moon Jae in ha raccolto in una bottiglia di plastica...
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Kim Jong un ha accettato che una squadra di ispettori internazionali verifichi la chiusura di un importante sito usato per produrre e per testare i missili, un passo importante verso una maggiore trasparenza delle attività del regime. Kim, inoltre, ha anche acconsentito a smantellare il complesso nucleare di Yongbyon. Questa seconda promessa sarà però soddisfatta solo se gli Stati Uniti adotteranno “misure equivalenti”, ha specificato in conferenza stampa. Kim, tuttavia, non ha accolto la richiesta americana di stilare una lista precisa delle armi a disposizione della Corea del Nord.
Il risultato maggiore del summit, al di là dei simboli e dell'atmosfera più che cordiale tra i due leader, riguarda l'aspetto militare. Gli accordi sottoscritti tra Moon a Kim a Pyongyang alleggeriscono la tensione a ridosso del confine che divide in due la penisola e allontanano il rischio di un conflitto armato. Questi accordi comportano la fine delle esercitazioni militari a ridosso della zona demilitarizzata, l'area di 4 chilometri al confine tra le due Coree. Saranno smantellati alcuni dei posti di guardia dei militari, verrà istituita una no fly zone e un'area di pace nel Mar Giallo. Queste misure sono le più tangibili, soprattutto se si considera che il conflitto armato localizzato è un'ipotesi più probabile di una guerra senza esclusione di colpi tra Usa e Corea del Nord, da cui Kim uscirebbe annientato.
il leader nordcoreano conosce la storia della Libia e dell'Iraq e per questo motivo dirà difficilmente addio al nucleare. Per questo Moon sta cercando di guadagnarsi la sua fiducia e di raggiungere la pacificazione della Corea attraverso investimenti dei gruppi industriali sudcoreani nel Nord. Ad accompagnare il capo della Casa Blu non c'era infatti solo l'erede della Samsung Lee Jae-yong, ma anche il presidente di SK Group, holding che investe principalmente nei settori dell'energia e delle telecomunicazioni, e la presidente del gruppo Hyundai. Moon ha dimostrato così di voler recuperare la strategia di impegno e cooperazione adottata nei primi anni di Duemila dal suo precedessore Ro Moo-hyun, quando gli stessi chaebol, conglomerati di aziende gestiti da grandi famiglie, investivano nel turismo e nelle infrastrutture della Corea del Nord.
Per Moon il terzo summit inter-coreano non può non costituire una vittoria, anche se tanto resta da fare per realizzare il sogno della “terra di pace”. Senza un accordo che coinvolga Stati Uniti, Cina e Russia, gli sforzi diplomatici di Moon non si tradurranno in niente di concreto sul dossier nucleare. La missione più difficile che il presidente sudcoreano si prepara ad affrontare sarà convincere Trump ad abbandonare la strategia della “massima pressione” verso la Corea del Nord e a fare concessioni a Kim Jong un, strada quasi obbligata per uscire dall'impasse dei colloqui tra Washington e Pyongyang. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino