Non c'è solo la Tav ferma al palo. Ci sono le opere bloccate dalla burocrazia, dai litigi tra amministrazioni e stato centrale o, più banalmente, dalla inerzia...
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Salvini boccia Di Maio sulla Tav: «Grandi opere, piano Marshall»
LA RINCORSA
Se il vice premier Luigi di Maio non vede l'ora di archiviare le grandi opere ferroviarie del centro-sinistra, a partire dalla Tav, dall'altra deve ingoiare il via libera al Terzo valico e alla Tap. Dimenticata, al momento, anche la Gronda di Genova, fondamentale per la città ligure e congelata da anni, nonostante i ripetuti ok. La mappe delle incompiute è lunghissima (vedere tabella). Al Nord c'è la bretella autostradale della Val Trompia, sollecitata dagli imprenditori della zona e finita nel cassetto. Stesso discorso, in materia stradale, per il collegamento Rho-Pero.
LE PRIORITÀ NEGATE
Tra le maggiori opere dimenticate c'è la storica Civitavecchia-Orte-Ravenna-Mestre (E45/55), considerata prima arteria strategica ed ora uscita dalle priorità. Anche se le proposte stanno sempre lì e nessuna decisione è stata presa per annullare l'intervento.
Cantieri fermi poi per la stazione di Firenze dell'Alta velocità, l'autostrada Tirrenica A12 Livorno-Civitavecchia (1,3 miliardi di lavori) e il completamento della superstrada Due Mari E78 Grosseto-Fano (828 milioni) nel tratto Grosseto-Siena.
Nelle Marche le cose non vanno meglio rispetto alla Toscana. Ad Ancona l'uscita dal porto è ancora sulla carta, così come il completamento della Quadrilatero (sulla Ancona-Perugia, il cantiere da Fossato a Genga è abbandonato da oltre un anno), un progetto fondamentale per l'economia del territorio, completamento rinviato di legislatura in legislatura. Mentre resta la linea ferroviaria a un binario tra Orte e Falconara (è l'asse Ancona-Roma) il cui raddoppio procede a singhiozzo da decenni.
I progetti in bilico non si contano più. Da Nord a Sud, al di là delle promesse, attendono un futuro la Statale Jonica 106, la Cremona-Mantova, l'alta velocità Napoli-Bari e l'autostrada Sassari-Oblia.
Fino ad ora, rispetto agli annunci del governo giallo verde, è passata solo una modifica del codice degli appalti che alza da 40 mila a 150 mila euro i lavori da appaltare senza gara. Una scorciatoia che non piace nemmeno ai costruttori. Resta un sogno invece l'accorpamento delle stazioni appaltanti, ora sparpagliate. Il governo ha promesso per marzo la svolta con una cabina di regia a Palazzo Chigi alle dirette dipendenze del presidente Conte che dovrebbe lavorare in tandem con InvestItalia per dare sprint agli investimenti. Parallelamente sarà presentato un provvedimento per alleggerire proprio il codice degli appalti. Si vogliono poi raccogliere tutti i finanziamenti previsti e frammentati in manovra per varare un programma di manutenzione straordinaria su strade, ponti, ferrovie e rete elettriche concentrato sulle piccole opere, al quale legare un piano contro il dissesto idrogeologico da almeno 9 miliardi. Cifre, annunci, programmi che attendono di trasformarsi in realtà.
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Il Mattino