Telefonate mute agli amici, Cassazione: rischio condanna anche se vittima ritira la denuncia

Non sono da sottovalutare le conseguenze, penali, delle telefonate mute fatte "per scherzo" a persone che si conoscono e che poi, dopo che le indagini hanno smascherato...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Non sono da sottovalutare le conseguenze, penali, delle telefonate mute fatte "per scherzo" a persone che si conoscono e che poi, dopo che le indagini hanno smascherato l'autore, sono pure disposte a ritirare la denuncia contro ignoti presentata per lo stato d'ansia e turbamento suscitato dalle chiamate anche notturne dell'anonimo. La denuncia non si ferma e prosegue il suo corso - avverte la Cassazione - perchè gli squilli muti sono un fatto di «ordine pubblico» e non una burla dato che suscitano timori e angosce.


LEGGI ANCHE Autovelox, Cassazione: multa contestabile se l'apparecchio o la pattuglia non si vedono bene

Così la Cassazione ha stabilito che le chiamate anonime non possono "finire a tarallucci e vino" quando si scopre che il rompiscatole è un conoscente perchè «il reato di molestie o di disturbo alla persona mira a prevenire il turbamento della pubblica tranquillità attuato mediante l'offesa alla quiete privata». «Pertanto - spiegano gli 'ermellinì non inclini a chiudere un occhio - viene in considerazione l'ordine pubblico, pur trattandosi di offesa alla quiete privata», e dunque «la tutela penale viene accordata anche senza e pur contro la volontà delle persone molestate».

La marcia indietro non vale. Per questo la Suprema Corte ha confermato la condanna penale alla pena di 200 euro di ammenda - per molestie - nei confronti di Pietro S., un abruzzese di 46 anni nato a Lanciano (Chieti), che dal marzo al maggio 2015 aveva fatto «numerosissime telefonate di giorno e di notte» sul cellulare di una donna che si era preoccupata e infastidita tanto da denunciare l'accaduto. Solo in seguito agli accertamenti della polizia, l'uomo è stato identificato e la vittima lo ha riconosciuto come uno dei suoi amici che, peraltro, aveva già fatto questo 'scherzettò ad altri conoscenti.


Tutto non si è concluso con una pacca sulla spalla ma davanti al Tribunale di Lanciano che nel novembre 2017 ha multato Pietro S. e a nulla è servito il tentativo dell'amica di lasciarsi alle spalle tutti gli squilli muti. «Ai fini della sussistenza del reato - sottolinea la Cassazione nel verdetto 13363 - gli intenti scherzosi o persecutori dell'agente sono del tutto irrilevanti, una volta che si sia accertato che, comunque, a prescindere dalle motivazioni che sono alla base del comportamento, esso è connotato dalla caratteristica della petulanza, ossia da quel modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto e impertinente che finisce, per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà delle persone».
Leggi l'articolo completo su
Il Mattino