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È impossibile per Meri Koci, la mamma di Giulia Di Sabatino, darsi pace e anche ieri, giorno dell’udienza del processo al 30enne di Giulianova Francesco Giuseppe Totaro, lei è tornata a presiedere un sit in fuori dal Tribunale di Teramo per chiedere verità a giustizia per sua figlia ritrovata morta in circostanze misteriose sull’A14. «Io non ci credo che Totaro sia legato all’omicidio di Giulia (un caso che per la Procura è stato definitivamente archiviato come suicidio, ndr), ma qualcosa credo che lui sappia – continua a ripetere Meri -. Cosa però, non lo so. Anche perché se lui avesse voluto fare del male a Giulia, glielo avrebbe potuto fare prima». In quel periodo in cui Totaro, che oggi è imputato nel processo che si sta svolgendo per induzione alla prostituzione minorile e pornografia minorile, era legato a Giulia e ad altre ragazze chiamate a testimoniare alle quali avrebbe chiesto di inviare foto hard quando ancora erano minorenni in cambio di piccoli regali o ricariche sulle poste pay come adesso sta emergendo dalle loro stesse dichiarazioni.
«Giulia non aveva una seconda vita – ha aggiunto mamma Meri -, ma era minacciata e aveva paura. Lo ha scritto lei stessa nei messaggi che abbiamo ritrovato». Secondo i genitori di Giulia, che proprio la sera della sua morte ha compiuto 19 anni, questo processo potrebbe servire per far emergere una verità utile per fare chiarezza anche per quello che secondo loro non è stato un suicidio, ma un omicidio per mano di qualcuno ancora sconosciuto. Eppure a sentire le testimonianze di quelle che all’epoca erano ancora ragazze minorenni, probabilmente affascinate da un giovane più grande che ostentava loro la disponibilità di una barca dove salire per poi «farle spogliare, dare regali e fare massaggi», oggi, tutte raccontano che tra di loro non si parlavano.
«Le ho viste per la prima volta quando me le hanno mostrate i carabinieri», ha raccontato sempre A., ma anche per le altre è andata così. Scatti intimi rubati mentre lei si cambiava il costume, di cui non ha mai dato il consenso. Agli atti del processo, adesso, ci sono tutte le foto datate, per risalire all’età esatta delle ragazze all’epoca dei fatti. «La prima volta che mi sono lasciata convincere a mandargli le foto era un periodo particolare della mia vita – ha sottolineato S. -. Poi ho capito che mi ero incastrata da sola e ho avuto paura che le mie foto potessero girare». Nessuna di loro, però, ha scelto di costituirsi parte civile in questo processo, fatta eccezione per la famiglia di Giulia Di Sabatino (i loro legali sono gli avvocati Gianfranco Di Marcello e Antonio Di Gaspare).
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