È stato eseguito nei giorni scorsi nel Dipartimento di Scienze mediche traslazionali di Pediatria dell'Ateneo Federico II, il primo intervento al mondo di Terapia...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Lo studio coinvolge pazienti sia italiani sia stranieri di età superiore ai 4 anni nell'ambito di una collaborazione scientifica stipulata tra il Tigem di Andrea Ballabio (l'Istituto di Genetica e medicina di Telethon che ha sede a Pozzuoli) e l'Università Federico II, sede del centro di riferimento regionale per la cura delle malattie rare. Si tratta di un evento storico in quanto è il primo intervento di terapia genica effettuato sull'uomo nel Sud Italia e tra i pochi praticati nel nostro Paese (tutti al Nord e per altre malattie geniche). Al momento anche altri potenziali pazienti arruolabili hanno effettuato una sorta di pre-screening.
Il trasferimento del gene è avvenuto tramite una singola iniezione utilizzando un vettore virale (un retrovirus), nel cui materiale genetico è stata caricata l'informazione mancante. Secondo quanto trapela per ora l'unica certezza è che in questa fase preliminare della cura non ci sono stati effetti collaterali. Ciò deporrebbe per un buon esito. Ma occorre prudenza: la situazione è ancora preliminare e per verificare gli effetti finali della cura e l'eventuale guarigione del bambino - che segnerebbe una svolta storica nel destino di questi sfortunati piccoli pazienti - bisognerà attendere ancora diverse settimane. Circa due mesi secondo i genetisti. Un tempo necessario al virus vettore di replicarsi e trasferire l'informazione genetica deficitaria mancante nel Dna dell'ospite dando così luogo alla stabile sintesi della proteina mancante che è alla base della malattia.
La mucopolisaccaridosi di tipo VI è una malattia da accumulo, dovuta alla mancanza di un enzima spazzino contenuto nei lisosomi, organuli intracellulari che servono appunto a digerire e degradare alcune sostanze, in questo caso il dermatansolfato. La malattia esordisce in genere durante l'infanzia e colpisce lo scheletro (con deformità scheletriche e bassa statura), gli occhi (opacità corneale) e il cuore (causando l'inspessimento di alcune valvole). A differenza di altre mucopolisaccaridosi, non colpisce il sistema nervoso centrale, per cui le persone affette non hanno ritardo mentale.
La malattia è causata da mutazioni del gene che codificante per l'enzima arilsulfatasi-B e si trasmette con modalità recessiva ma non legata al sesso. In sostanza quando entrambi i genitori sono portatori sani della mutazione il 25% dei figli ha la probabilità di essere malato. L'unica cura finora disponibile è la terapia enzimatica sostitutiva, che consiste nell'infusione periodica dell'enzima deficitario effettuata in day-hospital (anche al policlinico napoletano) con una frequenza variabile da una volta ogni due settimane a una volta ogni mese. La terapia genica messa a punto dal gruppo di Ballabio se funziona avrebbe il vantaggio di essere meno invasiva (non andrebbe fatta ogni settimana), permetterebbe di raggiungere organi che al momento non sono ben raggiunti, come ad esempio l'osso e darebbe effetti stabili nel tempo.
Leggi l'articolo completo su
Il Mattino