E' una corsa contro il tempo e l'impressione è che i soccorritori la stiano perdendo. Sono ormai passati sei giorni, e dei 12 giovani calciatori...
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Sono ormai oltre un migliaio le persone impegnate nelle ricerche. A militari e altro personale di una decina di agenzie governative, oggi si sono aggiunte anche una trentina di specialisti americani provenienti dalla base di Okinawa, e ieri erano arrivati alcuni speleologi britannici esperti di salvataggi. Ma in un campo base che è ormai un mare di fango, l'acqua ha oggi sommerso l'entrata della grotta, nonostante l'impiego di pompe per drenarla.
Centinaia di persone, tra cui anche molti volontari, hanno trascorso la giornata di oggi a perlustrare il pendio al cui interno c'è la grotta. Sono stati utilizzati anche sei elicotteri ed alcuni droni, ma trovare una fessura sotto il
manto della giungla è un'impresa. L'idea è quella di trovare almeno un punto dove poter trivellare la montagna ed entrare all'interno. In serata si è iniziato a scavare per far defluire l'acqua, ma per ottenere un'apertura grande abbastanza per far entrare i soccorritori bisognerà attendere almeno fino a domani. Ufficialmente ottimiste fino a ieri, di fronte alla mancanza di novità le autorità sembrano anch'esse disorientate.
La maratona dei media thailandesi sulla vicenda è tutta improntata sul concetto del «Riportiamoli a casa» e non si è
ancora tramutata in critica alla gestione delle operazioni di soccorso; non è neanche nelle loro abitudini. Ma è sempre più evidente, anche agli uomini sul terreno, che il coordinamento della giunta militare non è esente da colpe.
Se i ragazzi - tutti tra gli 11 e i 16 anni - sono ancora in vita, dopo 130 ore al buio in una grotta profonda 10 chilometri sono probabilmente in condizioni disperate.
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Il Mattino