Sono indeboliti ma sani, e ritrovarli dopo nove giorni è stata un'impresa che ha lasciato la Thailandia felicemente incredula. Ora però ne serve un'altra:...
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GUARDA ANCHE: Il lavoro dei soccorritori per liberare i ragazzi dispersi nella grotta
Ci sono enorme difficoltà logistiche e i sub stanno lavorando giorno e notte per migliorare le infrastrutture nei cunicoli e nelle caverne allagate. Si spera che ci possano volere pochi giorni, ma c'è anche il pericolo di tempi molto più lunghi. Il gruppo è ora assistito da sette persone, tra cui un medico e un infermiere della Marina. Gli è stato dato cibo iperproteico e bevande ricostituenti, e pian piano tutti stanno riguadagnando le forze e sciogliendo i muscoli prima atrofizzati dall'immobilità.
È prevista pioggia intensa dal fine settimana e quindi i 13 miracolati andrebbero fatti uscire prima, sperando che le decine di pompe in costante azione (riversano all'esterno 1,6 milioni di litri all'ora) riescano nel frattempo a svuotare la Tham Luang da abbastanza acqua. Il rischio è che, chiusa questa finestra utile, il salvataggio diventi ancora più difficile per i continui allagamenti di una grotta dove l'acqua continua a filtrare da mille rivoli. Ma è una corsa contro il tempo per attrezzare un percorso di fango e improvvise immersioni, e soprattutto capire come trasportare lungo un tortuoso labirinto di due chilometri e mezzo un gruppo di persone che non sanno nemmeno nuotare. Nella grotta, dove ormai cooperano circa un migliaio di persone da 11 Paesi, anche oggi si è lavorato senza sosta. Oltre ai rifornimenti e ai medicinali, sono state portate decine di bombole d'ossigeno e maschere speciali utilizzabili anche da chi non è addestrato alle immersioni, perché consentono di respirare con il naso. In serata è stato posato anche un cavo telefonico per far comunicare bambini e genitori.
Sono state installati luci e cavi di sostegno lungo il percorso che porta all'entrata principale, mentre all'esterno si cerca di individuare entrate alternative. Ci sarebbe anche l'ipotesi di trivellare la grotta e far uscire i ragazzi dall'alto, ma ci vorrebbe una migliore mappatura, e su quella montagna ricoperta dalla giungla manca il modo di portare in loco le attrezzature necessarie. «È tutto molto rischioso. La massima cautela è d'obbligo», confessa uno dei trenta sommozzatori americani arrivati dalla base di Okinawa. In mattinata l'esercito ha dichiarato che i 13 saranno riforniti con provviste sufficienti per quattro mesi, lasciando intendere che un'opzione è semplicemente aspettare che finisca la stagione delle piogge. Ma la voglia di riabbracciare i ragazzi che si temevano perduti è così forte che nessuno, al campo base, vuole pensare a un'attesa così lunga. Vinta la corsa contro il tempo per salvarli, ora ce n'è un'altra: portarli fuori in fretta. E l'intera Thailandia sembra determinata a vincere pure questa. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino