NEW YORK - «Quest’anno non parteciperò alla cena organizzata dall’Associazione dei Corrispondenti alla Casa Bianca. State bene e passate una bella...
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Perché non gli è bastato sbattere la porta in faccia ai reporter di CNN, New York Times, Los Angeles Times e Politico in occasione di un punto stampa destinato a rappresentare un drammatico precedente per la libertà di espressione di questo Paese. No, niente affatto: perché al tycoon, si sa, gli piace rilanciare e sa molto bene come muoversi quando si tratta di sollevare polveroni.
Polveroni che, oramai, è possibile inquadrare come parte di una vera e propria strategia politico-mediatica. Senza di essi, infatti, The Donald non potrebbe permettersi di continuare ad alimentare quegli stessi atteggiamenti che lo hanno contraddistinto nel corso dei lunghi e velenosi mesi di campagna elettorale. E non solo. Perché, aspetto ancor più rilevante, questi suoi toni e queste sue maniere gli consentono di distrarre l’attenzione del pubblico, suo ma anche dell’opposizione democratica (e repubblicana), dalle vere piaghe di questa amministrazione. Su tutte, la sua stessa composizione, visto che la nuova Casa Bianca fatica ancora a strutturarsi in termini di viceministri, sottosegretari, ambasciatori ed alti funzionari in generale. Insomma, il team di Donald Trump di fatto non è ancora pervenuto. Ma c’è dell’altro.
Il ricorso quasi ossessivo allo strumento giuridico dell’ordine esecutivo, oltre a strizzare l’occhio ad un’immagine di grande concretezza ed assoluta rapidità che si sta cercando di trasmettere, mal cela in realtà i timori che Trump nutre nei confronti del Congresso che, nonostante la solida maggioranza repubblicana, potrebbe ostacolarlo in molte delle sue assai poco condivise decisioni. La vera partita, dunque, si gioca in un posto lontano dalle baruffe mediatiche, al centro della vera arena politica nella quale, più prima che poi, Trump sarà costretto a scendere per davvero.
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Il Mattino