NEW YORK Donald Trump non accetta le mezze misure. Il risultato elettorale di martedì è stato una vittoria dei democratici, che hanno riconquistato la maggioranza...
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ELEZIONI MIDTERM, TUTTI I RISULTATI
LA LITE
Dunque Trump rimane fedele al suo carattere autoritario e provocatorio, che lo ha effettivamente ben servito nel confermare la maggioranza senatoriale. Nel corso della conferenza stampa litiga apertamente con i giornalisti e fa pesante ironia sui repubblicani che non hanno accettato il suo aiuto alle elezioni e sono stati sconfitti. Per questo, quando sembra offrire una mano tesa ai democratici, pochi pensano che sia sincero fino in fondo. Davvero si può credere che Trump sarebbe pronto a riorientare il suo governo e a scendere a compromessi con il partito che fino a ieri definiva un «partito di criminali» e che lo ha sconfitto con uno scarto di 8 punti percentuali nel voto popolare? Lo dichiara lui stesso ai giornalisti, proponendo anche i temi su cui lui e i democratici di Nancy Pelosi potrebbero trovare «terreno comune»: «Le infrastrutture, l'ambiente, i costi dei medicinali, il commercio elenca sorridendo -. Questi sono temi che interessano anche ai democratici, e se verranno da noi con dei piani, noi negozieremo».
LE INDAGINI
Ma il ramoscello d'ulivo prende fuoco quando i giornalisti gli chiedono se questo mutamento di rotta varrebbe anche se le Commissioni della Camera, dal 20 gennaio in mano democratica, cominceranno ad avviare inchieste sulla sua Amministrazione: «No, allora ogni speranza di governare si fermerebbe dichiara -. E sarà colpa loro. Se cominciano delle indagini, le cominceremo anche noi su di loro. Io sono più bravo a quel gioco». Per Trump l'unica possibilità è dunque il tutto o niente. Ma dal 20 gennaio si troverà alla Camera una maggioranza di 229 democratici contro 206 repubblicani. Questi erano i calcoli mentre ancora la conta di alcuni seggi stava continuando ieri. Poi qualche dettaglio in più, nella notte ha fatto emergere un verdetto: i dem hanno stravinto le elezioni di Midterm per la carica di governatore in 36 dei 50 Stati, strappandone sette (sei ai repubblicani e uno ad un indipendente). Ora controllano 23 Stati, contro i 26 in mano ai Gop. E resta da assegnare solo la Georgia, dove la candidata dem Stacey Abrams non ha ancora concesso la vittoria al repubblicano Brian Kempt.
È vero che Trump avrà dalla sua il Senato, con una maggioranza di 54 a 46, che gli permetterà di continuare a dettar legge nel settore della conferma dei giudici federali e della Corte Suprema, ma dovrà fare i conti con Mueller.
IL CONO DI SILENZIO
Il procuratore speciale ha rispettato il cono di silenzio previsto a ridosso di elezioni, ma tutti si aspettano che ora torni a galla, con nuove incriminazioni. Proprio ieri la rivista New York anticipava che si aspetta una incriminazione del figlio maggiore di Trump, Don, per aver mentito sotto giuramento all'Fbi. Non è escluso che la fretta con cui è arrivato il licenziamento di Sessions sia proprio legata alla preoccupazione crescente di Trump, e che si preparino altri suoi passi per ostacolare, o congelare il lavoro di Mueller. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino