Trump e Fbi, è di nuovo scontro frontale

Trump e Fbi, è di nuovo scontro frontale
NEW YORK - Trump e Fbi, è di nuovo scontro frontale. Da un lato il presidente che, rinvigorito dal suo discorso sullo stato dell’Unione, intende sbarazzarsi una volta...

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NEW YORK - Trump e Fbi, è di nuovo scontro frontale. Da un lato il presidente che, rinvigorito dal suo discorso sullo stato dell’Unione, intende sbarazzarsi una volta per tutte della grana Russiagate. Dall’altro il Bureau che, per la prima volta attraverso canali formali e soprattutto pubblici, intende sbarrargli la strada.


Che la relazione tra le due istituzioni non sia idilliaca, non è di certo una novità. Ma la vicenda, da qualsiasi lato la si voglia osservare, assume di giorno in giorno connotati sempre più grotteschi.

Il tycoon, del resto, di direttore ne ha già “licenziato” uno in passato. Si tratta di James Comey che, nel maggio del 2017, è stato rimosso dal suo incarico proprio perché ritenuto “colpevole” di essersi accanito sui rapporti tra Washington e Mosca.

E, in questa fase, molto alte sono le probabilità che la storia si ripeta a scapito dell’attuale numero uno dell’ente investigativo statunitense, Christopher Wray, peraltro nominato l’agosto scorso dallo stesso Trump.


(Un'immagine di James Comey, ex direttore dell'Fbi. Sullo sfondo il suo successore, Christopher Wray)

Il motivo?

Un rapporto segreto che l’inquilino della Casa Bianca, assieme alla maggioranza repubblicana, vorrebbe rendere pubblico. Questo al fine di dimostrare che Fbi e dipartimento di Giustizia abbiano abusato della loro autorità per spiare un ex consigliere della campagna elettorale di Trump, proprio nell’ambito dell’inchiesta sulle interferenze russe nelle ultime elezioni. E, ancor più nello specifico, sulle possibili collusioni tra il Cremlino e l’entourage dell’allora candidato alla poltrona di capo di Stato.

Insomma, il Commander in Chief mostra i muscoli e punta a scardinare l’intero impianto accusatorio, mettendone a nudo la mancata (e presunta) imparzialità. L’Fbi, invece, tra vertice e portavoce, difende il suo ruolo e soprattutto la sua indipendenza.

Ma il vero obiettivo di Trump è assai più vasto: chiudere il capitolo Russia significherebbe infatti, sbaragliare la concorrenza democratica. La stessa che, negli ultimi 12 mesi, ha dedicato energie e attenzioni quasi esclusivamente a questo dossier. Tralasciando, o quasi, tutto quanto il resto. Dimenticandosi un po’ della politica, quella vera.

C’è un’altra novità, però. Ed è rappresentata da Robert Mueller e dal suo lavoro che, nel silenzio mediatico, continua imperterrito. Il procuratore speciale ha inviato una nuova notifica al team di legali del presidente e si avvicina ogni giorno di più alla possibilità di interrogarlo in un vero e proprio faccia a faccia.

Per discutere di Russia, naturalmente.


(Il procuratore speciale per le indagini sul Russiagate Robert Mueller) Leggi l'articolo completo su
Il Mattino