Trump ko in Alabama, la sconfitta delle vanità

Trump ko in Alabama, la sconfitta delle vanità
NEW YORK - La sconfitta politica dei repubblicani, la sconfitta delle vanità di Donald Trump. Nelle ore scorse in...

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NEW YORK - La sconfitta politica dei repubblicani, la sconfitta delle vanità di Donald Trump.


Nelle ore scorse in Alabama è maturato un vero e proprio doppio disastro per la destra statunitense. Due batoste sovrapponibili, ma diverse.

La prima, di natura squisitamente politica appunto, riguarda il partito dell’elefantino: una roccaforte rossa che cade in mani democratiche e si tinge di blu dopo decenni. E una maggioranza in Senato che si assottiglia fino ad un voto solo.

Un tracollo che affonda le sue radici nelle settimane e nei mesi che hanno preceduto questa elezione, a partire dalla scelta di un candidato impresentabile, stretto nella morsa di accuse di abusi sessuali e pedofilia.

La sensazione, insomma, è che i repubblicani avrebbero potuto battere il rivale dem Doug Jones con chiunque. Con chiunque, ma non con uno come Roy Moore.

Accanto a dati e risultati emersi dalle urne, però, c’è un tracollo ancor più vistoso che rischia di produrre una scia di conseguenze addirittura imprevedibili: Trump è di colpo in ginocchio. E lo è soprattutto in termini di immagine.

Il presidente non ha mai nascosto né il suo narcisismo né tantomeno il suo ego sovradimensionato. Al contrario, non ha perso occasione per ostentare entrambi, ne ha fatto in qualche modo un suo marchio di fabbrica, li ha sfruttati fino in fondo per insediarsi alla Casa Bianca.

Ebbene, l’aver messo la faccia su un perdente, seppur con qualche dubbio iniziale (Trump aveva sostenuto Luther Strange e non Roy Moore per il seggio di senatore dell’Alabama, ndr), fa vacillare d’improvviso l’appeal di chi si sforza di essere sempre e comunque brillante.

Già, perdente. Una parola, “loser”, che ha agitato come una sciabola contro i suoi avversari politici. Hillary su tutti, naturalmente. Una sorta di etichetta che ha appiccicato addosso a chiunque non gli andasse a genio. Un linguaggio molto vicino a quello dei suoi elettori che gli ha consentito di domarli o di agitarli a seconda del caso.

Questa mattina, però, Trump si è svegliato e con quella stessa parola ha dovuto farci i conti in prima persona.


Perché oggi il perdente, il “loser”, è proprio lui. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino