Della fidanzata uccisa con due coltellate nel 2008, e del carcere, non le aveva detto nulla. Voleva rifarsi una vita Mohamed Saif ma, quando la nuova compagna lo ha scoperto, il...
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E induce alla riflessione sul regime carcerario, il permesso per recarsi al lavoro finito nel mirino del guardasigilli Alfonso Bonafede, che ha disposto accertamenti ministeriali. «Lavorava in sala, era una persona dal comportamento aperto, capace di instaurare buone relazioni. Mai un atteggiamento aggressivo, mai un segnale che potesse far prevedere quanto accaduto», dice esterrefatto il titolare del bistrot dove, da due anni, l'uomo si recava al lavoro. È lì che, nell'aprile scorso, il tunisino conosce Nadia (nome di fantasia), torinese di 44 anni.
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Uno sguardo, un sorriso, le prime parole e il primo invito a uscire insieme. I due vincono la timidezza e scocca la scintilla. Una storia come tante, ma che nasconde un passato che fa paura. Quando la donna scopre che poco più di dieci anni fa l'uomo ha ucciso Alessandra Mainolfi, 21 anni, decide di lasciarlo. E il suo stop scatena di nuovo la violenza. È circa l'una quando i due scendono dal tram in corso Giulio Cesare e, davanti ai passanti terrorizzati, si accanisce contro la donna. La spintona, la getta a terra e, con i cocci di una bottiglia di vetro, inizia a colpirla. Una, due, tre volte. Il volto un tempo sorridente della 44enne è sfigurato, il nervo facciale lesionato e ricostruito al microscopio dai medici dell'ospedale Maria Vittoria, dove è ora ricoverata. C'è sangue dappertutto sul luogo dell'aggressione. Saif corre, vuole scappare, ma la polizia gli dà la caccia e lo ferma poco lontano, in via Leini.
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Ricoverato nel repartino detenuti dell'ospedale Molinette, anche il suo avvocato di fiducia, Daiana Barillaro, stenta a credere a quello che è accaduto quanto viene informata. «La sequenza di violenze sulle donne, e di femminicidi, è inquietante, ancora di più considerato il calo di reati come aggressioni e omicidi», osserva la vicepresidente del Senato, la torinese Anna Rossomando. Si dice «vicina alla vittima di questo ennesimo tentato femminicidio», anche la sindaca Chiara Appendino, che parla della violenza sulle donne come di un tema «grave e urgente nel Paese». I sindacati di polizia puntano invece il dito contro le leggi che, dopo pochi anni, permettono ad un omicida di tornare libero. Chiede di «rivedere gli strumenti normativi che permettono di recarsi fuori dal carcere» il segretario generale del Siap Pietro Di Lorenzo, mentre il segretario generale del Siulp Eugenio Bravo considera «inconcepibile che ancora oggi il Paese sia immobile in merito alla certezza della pena».
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«Io non trovo più le parole.
Il Mattino