Ci sarebbe un'azienda italiana dietro alcune delle azioni di spionaggio compiute dall'Arabia Saudita. Anche dietro quelle che hanno portato all'omicidio del...
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La milanese Hacking Team (HT) di David Vincenzetti infatti, sarebbe parte del network di aziende che ha contribuito a potenziare l'arsenale informatico a disposizione degli uomini del principe ereditario Mohammed bin Salman. In particolare avrebbe fornito diversi strumenti usati a fini di spionaggio non solo di terroristi ma anche di dissidenti politici. L'accusa arriva da oltreoceano dalle colonne del Washington Post, giornale con cui collaborava lo stesso Khashoggi.
A puntare il dito è l'editorialista David Ignatius - una delle voci più autorevoli del quotidiano della Capitale - che tuttavia non fornisce prove del fatto che la srl di David Vincenzetti abbia effettivamente venduto al governo di Salman il software utilizzato per spiare e arrestare Khashoggi. Tanto più che secondo la gola profonda del Datagate, Edward Snowden, Riad avrebbe utilizzato uno spyware dell'israeliana Nso Group, con cui i suoi agenti avrebbero infettato lo smartphone di Omar Abdulaziz, un esule saudita residente in Canada e amico del reporter ucciso.
Il columnist statunitense però, ricostruisce alcuni passaggi che rendono credibile l'ipotesi di un coinvolgimento della HT. In primo luogo, secondo il Washington Post, il 20% del pacchetto azionario dell'azienda milanese con sede a Cipro sarebbe nella mani dei sauditi.
Le azioni sarebbero state acquistate per conto di Riad da quella che è la figura centrale della spy story: Saud al-Qahtani. Ex membro dell'aeronautica militare saudita e dirigente ambizioso alla corte di Salman ; al-Qahtani è uno dei due uomini accusati dagli 007 turchi di far parte del commando che ha ucciso Khashoggi.
Lo stesso funzionario però, è anche l'eminenza grigia dietro la costruzione del network di sorveglianza e manipolazione utilizzato da Salman. Ruolo che già nel 2015 lo avrebbe portato a proporre alla compagnia italiana «una lunga partnership strategica» culminata con la proposta di acquisire un software in grado di controllare smartphone Android. Un rapporto, quello tra Riad e HT che come detto si sarebbe rinsaldato quando l'srl meneghina visse difficoltà finanziarie dovute a una fuga di dati che rese pubblici documenti riservati.
La partecipazione in quote da parte dei sauditi inoltre, avrebbe permesso alla Hacking Team di aggirare i divieti imposti da parte del ministero degli Esteri di vendere i propri prodotti fuori dai confini nazionali senza una precisa autorizzazione. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino