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Da febbraio, in Ucraina si combatte una guerra parallela a quella degli eserciti di terra e dell’aviazione: è la guerra dei droni “kamikaze” esplosivi, con Kiev che ha iniziato a lasciare da parte dispositivi sempre più sofisticati per combattere Mosca, e ha deciso di puntare su congegni più rudimentali, ma efficacissimi: in grado di individuare un obiettivo a distanza e colpire con precisione, evitando i radar nemici. Ora l’Ucraina è passata al contrattacco, prendendo di mira con i droni la città russa di Rostov. E potrebbe aprirsi un nuovo capitolo dello scontro.
Il contrattacco
La scorsa settimana, infatti, è stata colpita una delle più grandi raffinerie petrolifere della Russia meridionale: l’impianto di Novoshakhtinsk, nella regione di Rostov, vicino al confine ucraino.
I droni “kamikaze”
Da mesi l’Ucraina utilizza i droni Switchblade forniti dagli Stati Uniti, ma si tratta di dispositivi a portata relativamente breve, che devono venire pilotati per raggiungere il bersaglio. I droni “kamikaze”, invece, possono percorrere una grandissima distanza senza bisogno di un operatore a guidarli e sono abbastanza piccoli da sfuggire alla difesa aerea, progettata per rilevare aerei da combattimento e missili. Il pilota ha un unico compito: prima della partenza, deve utilizzare il gps per dare al drone un punto di riferimento sulla mappa, che dovrà essere raggiunto.
Il dispositivo utilizzato nell’attacco di Rostov è stato prodotto dall’Ucraina ed è costato meno di 10mila dollari. Ma non è tutto. Motori, sistemi di guida, telecomandi, gps, potrebbero essere tutti acquistati separatamente e assemblati, in modo da non destare sospetti di alcun tipo. Per realizzare questo tipo di arma, inoltre, non è nemmeno necessaria troppa esperienza tecnica.
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