Russia, la vita dei bimbi rapiti tra educazione militare e lezioni di storia russa

Il lavaggio del cervello per dimenticare l'Ucraina e diventare "soldati di Mosca"

Ucraina, la vita dei bimbi rapiti tra educazione militare e lezioni di storia russa
ROMA La radiografia degli orrori russi sui bambini è tutta in un dossier di 34 pagine, sintesi sconvolgente delle ricerche svolte dall'Università di Yale, pieno...

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ROMA La radiografia degli orrori russi sui bambini è tutta in un dossier di 34 pagine, sintesi sconvolgente delle ricerche svolte dall'Università di Yale, pieno di cifre, nomi, testimonianze. Con tanto di organigramma di coloro che muovono le fila dell'organizzazione ispirata e voluta da Putin per la deportazione e rieducazione dei bimbi ucraini dai territori occupati. Fino al lavaggio del cervello per trasformarli non soltanto in patrioti russi, ma in soldati agli ordini dei generali di Mosca. Minori strappati alle famiglie coi sistemi più aberranti: rapimento, inganno dei campi estivi, falsificazione dei documenti per farli adottare in Russia, ospedalizzazione senza ritorno.

 

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I DATI
Più di 6mila i casi accertati di età compresa fra i 4 mesi e i 17 anni, sparsi in una rete di 43 campi identificati uno per uno, quasi tutti (41) ex estivi: 12 sul Mar Nero, 7 in Crimea, 10 attorno a Mosca, Kazan e Yekaterinburg. Undici a più di 800 chilometri dal confine ucraino, compresi 2 in Siberia e uno in estremo oriente (a Magadan, vicino all'Oceano Pacifico, a 6300 chilometri dall'Ucraina, tre volte più vicino agli Stati Uniti). In quasi l'80 per cento delle strutture i bambini sono stati sottoposti a programmi di "rieducazione" russo-centrica culturale, patriottica e militare. Lo scopo dichiarato è quello dell'integrazione. La realtà è un'altra. I minori di due campi sono stati adottati in Russia. Il rientro a casa dei bambini da almeno 4 campi è stato ufficialmente sospeso o bloccato. Una delle strutture più grandi è quella di Medvezhonok, che ha ospitato fino a 300 minori ucraini. Gli altri a Artek, Luchistyi e Orlyonok. Nomi che vanno scolpiti a futura memoria.
Tutte le operazioni sono «coordinate centralmente dal governo federale russo si legge nel report di Yale del 28 febbraio e coinvolge ogni livello di governo. Abbiamo identificato decine di figure federali, regionali e locali coinvolte nella gestione operativa e nella giustificazione politica del programma». Impresa immensa, che richiede coordinamento logistico (trasporto dei bambini con ogni mezzo), raccolta fondi, forniture e approvvigionamento, gestione e funzionamento dei campi, promozione del programma in Russia e nelle zone occupate. Tra i bimbi "spariti" potrebbe essercene anche uno italiano: Roman, 6 anni figlio di un veronese e di una cittadina ucraina. I nonni non lo vedono da cinque anni, è stato portato via dalla madre nel Donetsk, e ora, dopo le ultime accuse a Putin, hanno il timore che anche lui possa essere finito tra le vittime delle deportazioni del regime di Mosca.
A capo della piramide, a quanto pare, la commissaria per i diritti dei bambini della Russia, Llova Belova, colpita con Putin dal mandato d'arresto dell'Aia. A lei, Putin ha chiesto pubblicamente «ulteriori misure per identificare i minori», inoltre nel discorso per il nuovo anno lo zar ha ringraziato i cittadini russi per «aver mandato i bambini dai nuovi soggetti della Federazione russa in vacanza».

 

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IL PIANO


Il piano, del resto, era partito già nel 2014. La scorsa estate, la Llova Belova ha vantato l'adozione di 350 "orfani" da Donetsk e Luhansk. Ma sono veramente orfani? I genitori li hanno fatti andare nei campi per varie ragioni: allontanarli dalla guerra, impossibilità di sfamarli, necessità di cure. In bus, treno e aereo i piccoli sono partiti e mai più tornati. «Una madre ha mandato la figlia malata a Medvezhonok, voleva farla riposare - è ancora il report -. Il direttore del campo le ha detto che non sarebbe tornata. Il funzionario di un altro campo ha spiegato a un ragazzo ucraino che sarebbe rientrato a casa a una condizione: che i russi avessero riconquistato Izyum. A un altro è stato rimproverato di essere filo-ucraino». Una ragazza ha avuto una crisi nervosa a Krasnodar perché i genitori non potevano venire a riprenderla, è stata ricoverata in ospedale e sua madre non ha più saputo nulla.


 

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Il Mattino