Un piano in quattro mosse per sconfiggere il bullismo

Un piano in quattro mosse per sconfiggere il bullismo
Due storie in 24 ore: una, di cronaca, a Napoli; l’altra giudiziaria a Torino, dove è scattata la condanna a 11 anni e mezzo ai bulli che perseguitarono il compagno...

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Due storie in 24 ore: una, di cronaca, a Napoli; l’altra giudiziaria a Torino, dove è scattata la condanna a 11 anni e mezzo ai bulli che perseguitarono il compagno di classe. E le indagini rivelano dati addirittura più allarmanti, al punto che ministeri, forze dell'ordine e associazioni hanno presentato iniziative e vademecum. Due studenti su tre in Campania, ad esempio, sono vittime di questo tipo di atteggiamenti, difficili da affrontare: per questo, il Mattino ha chiesto un parere a professionisti, genitori e insegnanti impegnati in prima linea. Un’altra occasione di riflessione sarà la Settimana del benessere psicologico, che dal 6 al 12 novembre si svolgerà in 400 Comuni della regione ma anche le scuole. Promossa dall’Ordine degli Psicologi con l’Anci e l’assessorato regionale alle Politiche sociali: 400 appuntamenti e 380 istituti coinvolti.


La psicologa: «Ascoltiamo i figli anche quando c’è un conflitto»
«Spesso ci chiedono come si può capire se un ragazzo o una ragazza vittime di bullismo. A noi piacerebbe avere risposte precise e chiare, ma purtroppo non è così», premette Antonella Bozzaotra, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Campania nel fare alcune considerazioni. «Le vittime spesso sono adolescenti: età in cui è necessario avere spazi in precedenza impensabili. I ragazzi e le ragazze “devono” allontanarsi dal nido per poter diventare adulti. Questo rappresenta a volte il motivo di maggior conflitto con i genitori che si trovano a non riuscire a sapere molto della vita dei loro figli. Spazi di ascolto, però, vanno salvaguardati. Sapere di poter tornare e poter essere ascoltati è quello che i genitori e gli adulti di riferimento possono fare. Rispetto vuol dire ri-guardo: guardo con attenzione».

L’avvocato: «In aula spieghiamo le conseguenze di gesti sbagliati»
«Assieme ai carabinieri, noi avvocati spieghiamo agli studenti delle medie e dei licei cosa accade quando viene trasgredita una norma del codice penale e quali sono le conseguenze, affatto scontate. Fondamentale è il dialogo per educare al rispetto delle regole di convivenza civile, nell’interesse di tutti», dice Katia Lanosa, specializzata in diritto di famiglia e minorile, co-autrice del libro “25 storie vere per capire i nostri ragazzi” e ideatrice del progetto “Vivi la legalità nelle scuole” realizzato a Bologna con le forze dell’ordine. Lei spiega: «Oggi tolleriamo la violenza, l’aggressività, il turpiloquio e tutto questo viene assorbito dai nostri figli. Improvvisi cambi di abitudini, variazioni repentine di umore, mutamenti del carattere, tendenza a isolarsi sono possibili segnali di disagio da non sottovalutare».

La preside: «Induciamo i ragazzi a prendersi cura dei loro compagni»
«Contrastiamo il bullismo spingendo i “ragazzini terribili” a compiere azione positive, di sostegno ai compagni, appagando diversamente la loro voglia di sentirsi ed essere importanti per qualcuno e per uno scopo». Rosalba Rotondo, preside della scuola di frontiera Alpi-Levi di Scampia, periferia di Napoli, punta tutto sulle «relazioni di amorevole cura», attraverso «la condivisione di un comune progetto educativo di benessere attuato con strategie volte alla non violenza, al perdono reciproco, all’interazione per un fine comune». Non a caso, aggiunge Rotondo, il logo dell’istituto è il cuore con le ali: «Per ricordare, in primis a noi, ai bambini, ai ragazzi che solo il bene, quello che è eticamente bello e la verità rendono liberi nel donare e ricevere amore. E l’amore fa miracoli».

Il genitore: «Abbiamo fermato minacce e violenze facendo gruppo»

«Abbiamo creato un gruppo di genitori per combattere il bullismo dopo un fatto grave accaduto a uno dei nostri figli. Il bambino in questione ha ricevuto parecchie minacce tramite disegni e subito aggressioni. Fortunatamente, siamo riusciti a risolvere la situazione velocemente anche grazie alla collaborazione dei genitori del bullo: parlarne, e fare rete, ha portato alla svolta». A raccontarlo è Giuseppe Di Lorenzo, presidente dell’associazione Trentino Vivo, che è impegnata anche a monitorare i social network, «soprattutto da quando è esploso il fenomeno Blue Whale. Grazie alle nostre collaborazioni abbiamo fatto chiudere più di un migliaio di profili e fatto rimuovere 3500 fotografie». Conclude Di Lorenzo: «A tutti diciamo: non abbiate paura, denunciare è la cosa giusta da fare». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino