Usa, testa a testa Clinton-Trump: è subito duello su tasse e lavoro

Usa, testa a testa Clinton-Trump: è subito duello su tasse e lavoro
Battaglia nella notte tra Donald Trump e Hillary Clinton. Un duello senza esclusione di colpi o cortesie di troppo. Uno scontro che i due candidati hanno voluto,...

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Battaglia nella notte tra Donald Trump e Hillary Clinton. Un duello senza esclusione di colpi o cortesie di troppo. Uno scontro che i due candidati hanno voluto, rifiutandosi persino di trovare un accordo minimo sulle regole di condotta, come vuole la tradizione. Una sfida in cui anche un solo particolare può imprimere la svolta ad una campagna elettorale ad altissima tensione.


Si comincia con Hillary vestita con un completo rosso e Trump con giacca nera e cravatta blu elettrico. Il primo affondo è del candidato repubblicano, con una citazione di Henry Ford: «I nostri posti di lavoro abbandonano il nostro Paese. Vanno in Messico, in Cina. Stiamo usando il nostro Paese come un salvadanaio a foirma di porcellino». Il match s'infiamma subito: «Donald ritiene che il cambiamento climatico sia una farsa perpetrata dai cinesi», afferma Clinton, ma il tycoon la interrompe per respingere le accuse. «Non l'ho detto» dice Trump, precisando che la politica energetica del paese è un disastro.

Via così, senza esclusioni di colpi: «Donald Trump è una delle persone che ha messo le radici nella crisi immobiliare del 2008»: attacca Hillary. «Questo si chiama business», replica Trump. «Nove milioni di persone hanno perso il loro posto di lavoro», la controrisposta di Clinton: «L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è tornare alle politiche che hanno fallito». 

E ancora, accuse e veleni. L'America non ha una leadership: parola di Trump, per il quale Hillary «sa solo parlare come tutti i politici. Il nostro Paese è in difficoltà per gente come lei». Lo scontro è frontale. «Renderò nota la mia dichiarazione delle tasse quando Hillary Clinton pubblicherà le sue email», afferma il tycoon riferendosi allo scandalo delle email di Hillary. L'uso del server privato da parte di Hillary «non è stato un errore, è stato fatto di proposito». «C'è qualcosa che Donald sta nascondendo - replica Clinton - Probabilmente non è ricco come dice».

L'ultimo duello è sulla sicurezza. In America «abbiamo bisogno di legalità e ordine pubblico». «Quando vedo quello che accade a Charlotte e in altri posti nel nostro Paese dico solo che abbiamo bisogno di legalità e ordine pubblico», sentenzia Trump. Per Hillary «la questione razziale resta una delle grandi sfide nel nostro Paese. Bisogna riformare il sistema della giustizia penale e ripristinare la fiducia tra comunità e polizia, preparando meglio gli agenti nell'uso della forza e nel rispetto della legge».



Trump e Clinton sono arrivati al primo faccia a faccia televisivo alla pari, con i sondaggi che ad appena 43 giorni dall'Election Day certificano un sostanziale testa a testa, dopo che la candidata democratica ha dilapidato il grande vantaggio di cui godeva a fine luglio. Un equilibrio che anche un piccolo dettaglio può alterare, a favore dell'uno o dell'altra. E l'America, spesso distratta e disinteressata, stavolta s'è fermata davvero, per un dibattito che tutti i commentatori hanno definito «il più atteso della storia» delle presidenziali Usa. Perché in gioco ci sono due visioni diverse del futuro, in un momento in cui non solo gli Stati Uniti ma tutto il mondo sembra essere ad un bivio. E c'è anche un numero di elettori indecisi probabilmente superiore alle altre volte: un aspetto in parte legato all'impopolarità dei due candidati che rende per molti più difficile la scelta.

Oltre 100 milioni i telespettatori, un pubblico da Super Bowl. Un boom di ascolti che spazza via il precedente record del duello tv tra Ronald Reagan e Jimmy Carter, nel 1980. Nella sala della Hofstra University di Hempstead, nello stato di New York, un tifo quasi da stadio. I candidati si confrontano per lunghi, interminabili 90 minuti su sicurezza, terrorismo, immigrazione, ripresa economica, tensioni razziali. Sempre attenti a non compiere quel passo falso che potrebbe risultare fatale. Si sono preparati per settimane all'evento. Hillary Clinton per ore si è allenata salendo su un podio davanti a un finto avversario. Ha studiato ogni minuscolo aspetto della personalità di Trump, per prepararsi a tutte le evenienze: quella di un tycoon aggressivo e politicamente scorretto (vedi lo spettro degli scandali passati di Bill Clinton); oppure quella di un tycoon che sceglie la strategia del candidato che sa essere misurato, che sa quando fermarsi. In una parola, presidenziale.


Intanto il New York Times, dopo aver ribadito con forza il suo appoggio all'ex segretario di Stato, si scaglia con un nuovo editoriale contro Trump, definendolo «uno spaccone» che porta avanti una «campagna di insulti» e di «nazionalismo xenofobo». Un candidato - si sottolinea - che racconta «falsità». E mai come questa volta i principali media e social media si sono mobilitati per smascherare in diretta tv le "bugie" dei due candidati. E in America, si sa, non dire la verità all'opinione pubblica, anche su una piccola cosa, può risultare fatale.


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Il Mattino