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Non solo Covid, nel Mar Cinese Meridionale si gioca a Risiko.
Una portaerei di Pechino fa il suo ingresso nella regione, i caccia bombardieri di Washington si levano in volo.
Non solo. Di stelle e di strisce figurano anche un’altra portaerei, la colossale Theodore Roosevelt, nonché una nave d’assalto, un incrociatore, dei cacciatorpediniere e alcune piccole ma potenzialmente devastanti unità anfibie.
Le acque del Pacifico Occidentale sono contese da decenni tra Cina, Taiwan, Indonesia, Malesia, Vietnam e Filippine. E proprio Filippine e Stati Uniti sono all’opera con esercitazioni tra alleati che agitano il dragone rosso.
Piccolissimo particolare economico-geografico: da queste parti passa un terzo del commercio marittimo globale (le stime parlano di 3mila miliardi e mezzo di dollari l’anno), l’80% degli approvvigionamenti cinesi di energia e il 40% dell’import-export della stessa Cina.
In altre parole, c’è in gioco tanto, addirittura troppo.
E così la tensione, già tormentata dalle parole grosse volate tra Joe Biden e Xi Jinping, schizza alle stelle.
Ciascuno rivendica il proprio diritto a difendersi, ciascuno accusa la controparte di provocazioni pericolose. L’unica cosa che mette tutti d’accordo è effettivamente il pericolo. Che dell’escalation, cioè, si possa perdere il controllo. Ovunque, infatti, aleggia la sensazione forte che anche soltanto un banale incidente possa scatenare il finimondo.
Resta la speranza che il mondo non finisca in una collisione frontale tra Stati Uniti e Cina.
Il Mattino