NEW YORK - L’aeronautica militare degli Stati Uniti posiziona sei bombardieri nucleari B-52 a Guam, proprio a ridosso della penisola coreana. E così, mentre la...
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Le manovre del Pentagono arrivano a margine del vertice andato in scena a Vancouver, in Canada, in seno al quale il segretario di Stato Rex Tillerson e 19 rappresentanti dei Paesi alleati hanno concordato sulla necessità di blindare il blocco navale attorno alla Corea del Nord per impedire che Kim Jong-un e i suoi possano approvvigionarsi di petrolio e di altri beni, necessari, ma banditi dalle sanzioni Onu.
Insomma, nonostante gli incoraggianti segnali di distensione tra i rivali del 38º parallelo, ultimo simbolicamente significativo quello di sfilare assieme all’ombra di un’unica bandiera in occasione della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali, la macchina della guerra rimane comunque operativa e inquietante a fare da sfondo all’intera vicenda.
Come dichiarato in una nota ufficiale emessa dall’aviazione a stelle e strisce, la decisione di rafforzare il contingente schierato è tesa a «dimostrare il persistente impegno statunitense nei confronti dei partner della regione Indo-Pacifica». Questo almeno nella forma. Nella realtà dei fatti, però, si tratta dell’ennesimo sfoggio di muscoli nei confronti del dittatore nordcoreano che, malgrado la riapertura del canale diplomatico con il Sud, non ha alcuna intenzione di rinunciare al suo programma missilistico né tantomeno a quello nucleare.
Tillerson più di Trump crede nel dialogo. Ma l’aquila americana mantiene gli artigli ben affilati e sembra quasi aspettare un passo falso del nemico giurato.
Il Mattino