WASHINGTON - Nella quiete di Camp David Donald Trump avrà pensato e ripensato al giorno più lungo della sua presidenza, quello della decisione più difficile:...
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L'ordine ricevuto dallo Us Cyber Command è stato quello di una duplice offensiva contro i sistemi informatici di controllo dei lanciamissili della Repubblica islamica e contro il gruppo iraniano di intelligence che per gli 007 Usa è responsabile degli attacchi alle petroliere nel Golfo dell'Oman. Perché è proprio grazie ai computer di questa organizzazione legata al corpo delle Guardie Rivoluzionarie che sarebbero state individuate e tracciate le imbarcazioni da colpire. Se per ora è stata quindi evitata un'escalation sul terreno, nel cyber spazio la guerra è già scoppiata, con l'Iran che da diversi mesi ha intensificato gli attacchi non solo nei confronti degli Usa, infettando con i suoi virus le reti informatiche di industrie ed agenzie governative, ma anche contro i suoi alleati del Golfo, come Bahrain ed Emirati Arabi. A dimostrazione della capacità e dell'autosufficienza raggiunte da Teheran, che solo fino a poco tempo fa per le sue offensive online si appoggiava a gruppi ben più esperti e collaudati che operano dalla Russia.
Non aiutano a stemperare le tensioni i toni usati a Teheran, dove durante una sessione del Parlamento iraniano si è alzato il coro «morte all'America»: «L'America è il vero terrorista che diffonde il caos e fornisce armi avanzate ai gruppi terroristici mentre invita a negoziare», ha affermato il vicepresidente dell'assemblea, Masoud Pezeshkian, scatenando la reazione di molti dei parlamentari presenti. A preoccupare è l'avvicinarsi dell'ultimatum lanciato da Teheran, che potrebbe presto superare per la prima volta i limiti per la produzione di uranio arricchito previsti nell'accordo del 2015: una grave violazione che difficilmente potrà rimanere senza risposta e destinata a mettere ancor di più in forte difficoltà l'Europa, che in tutti i modi sta tentando di non rompere il legame con l'Iran.
A Washington intanto continua a far discutere la retromarcia last minute del presidente sulla rappresaglia aerea per il drone Usa abbattuto. «L'Iran non deve interpretare la nostra prudenza come una debolezza», è stato il monito del consigliere alla Casa Bianca per la sicurezza nazionale John Bolton, impegnato a Gerusalemme in un incontro trilaterale con Israele e Russia. «I tentativi di Teheran di dotarsi di armi nucleari, la sua presenza in Siria e la sua consegna di armi ad elementi ostili in Medio Oriente - ha detto Bolton - non indicano che siamo di fronte a un paese che aspira alla pace». E se Trump a Camp David studia le nuove sanzioni contro Teheran che nelle prossime ore dovrebbero essere annunciate dal Dipartimento al Tesoro, il vicepresidente Mike Pence ha ribadito come «gli Stati Uniti risponderanno ad ogni minaccia o provocazione» rivolta ai propri interessi o alleati. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino