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Tutti si sforzano di definirlo un «incidente». Ma l’abbattimento di un drone degli Stati Uniti da parte di un jet della Russia è l’ennesimo episodio di autentiche manovre militari, e rischia di convertirsi nell’ennesima scintilla di possibili conflitti mondiali.
Il fattaccio è avvenuto sulle acque internazionali del Mar Nero, con i russi che però parlano fin troppo chiaro: «Gli americani non devono avvicinarsi ai nostri confini nazionali».
«Che cosa sarebbe successo se un nostro drone si fosse avvicinato a New York o a San Francisco?», chiede sarcastico l’ambasciatore di Mosca a Washington.
Senza ricevere, naturalmente, nessuna risposta.
Il contatto fisico tra le due superpotenze fa séguito a un altro contatto fisico, tra altre due superpotenze. Non solo Stati Uniti e Russia, infatti. Ma anche Stati Uniti e Cina, con gli accadimenti e con gli abbattimenti dei cosiddetti “palloni spia”.
Troppa poca distanza e la lezione silenziosa e mai imparata della Storia: per quanto le tensioni internazionali fossero evidentemente enormi (e oggi forse lo sono ancora più di allora), la Prima Guerra Mondiale scoppia per la famigerata “pistola di Sarajevo”, ovvero per l’uccisione dell’erede al trono d’Austria. Ovvero, di fatto, proprio per un incidente.
C’è un ulteriore elemento di allarme, inoltre. Come ammesso dallo stesso portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale Usa, l’episodio non sarebbe né isolato né tantomeno il primo. “Episodio” dunque tra virgolette perché di droni intercettati e abbattuti, nelle ultime settimane, ce ne sarebbero stati molti altri.
Rischi su rischi su rischi.
Benzina su un fuoco che già divampa.
L’escalation sotto gli occhi di tutti, con il mondo intero che sembra inerme, che trattiene il fiato e che guarda.
E che spera di non finire, con la faccia per terra, di una nuova Sarajevo.
Il Mattino