NEW YORK - È un gigante con la testa calva, ex giocatore di football, religiosissimo, conservatore e acceso sostenitore di Donald Trump. Questo è il ministro della...
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Nonostante Sessions fosse stato il primo senatore che lo aveva sostenuto nella campagna, Trump non gli aveva mai perdonato di essersi fatto da parte nella gestione dell'inchiesta Russiagate. Nella visione del presidente, una volta eletto ministro della Giustizia, era dovere di Sessions proteggerlo contro le indagini sulle interferenze russe. Sessions è tuttavia un uomo delle istituzioni, e ha riconosciuto che avere la supervisione del procuratore speciale Robert Mueller sarebbe stato un conflitto di interessi, visto che lui stesso era stato un funzionario della campagna Trump, e aveva personalmente avuto incontri con esponenti russi. Così la supervisione dell'inchiesta è slittata al vice di Sessions, Rod Rosenstein, un funzionario di carriera, ligio al regolamento. Da ieri però stata trasferita nelle mani del gigante calvo, e da quel che si sa delle sue opinioni è giusto immaginare che l'inchiesta di Mueller sia a rischio. Un anno fa, prima di essere chiamato a fare il capo di staff di Sessions, Matthew Whitaker era un commentatore politico, spesso intervistato nelle tv. E proprio alla Cnn, aveva espresso parere negativo sulla inchiesta di Mueller, sostenendo che bisognava fermarla, magari strangolandola rifiutandole i fondi.
Ora il destino di Mueller è nelle sue mani. I democratici hanno fatto sapere di essere pronti alla guerra se Whitaker decidesse di licenziare il procuratore speciale. Il deputato Jerry Nadler, che da gennaio diventerà il presidente della Commissione Giustizia, ha annunciato che sta inviando lettere a tutti i funzionari interessati, affinché conservino la documentazione relativa all'inchiesta di Mueller, per la possibilità che si tengano delle udienze nel caso venisse chiusa.
Ma anche alcuni senatori repubblicani moderati, come Susan Collins del Maine e Lamar Alexander del Tennessee, ai quali va aggiunto il neoeletto Mitt Romney dello Utah, hanno ammonito che Mueller non deve essere licenziato. Dal canto suo, si dice che il procuratore sia vicino a presentare il proprio rapporto finale, ma anche che proprio per premunirsi davanti a un presidente in odore di collusione con i russi abbia consegnato a vari procuratori distrettuali del Paese una serie di imputazioni sigillate, da aprire e rendere operative nel caso la sua inchiesta venisse chiusa. In tal modo, spezzettata, l'inchiesta verrebbe sottratta alla supervisione federale e trasferita ai singoli Stati. Il procuratore speciale aspetta nei primi giorni della settimana prossima le risposte alle domande scritte che ha presentato ai legali del presidente. E persone informate sostengono che quello sia l'ultimo tassello del puzzle che Mueller aspetta per chiudere l'inchiesta. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino