Crisanti: «Senza vaccini giovani a rischio, servono più test e tracciamenti»

Crisanti: «Senza vaccini giovani a rischio, servono più test e tracciamenti»
Il refrain di questi giorni è che il virus abbia iniziato a circolare soprattutto tra i giovani e che siano loro i nuovi vettori del Covid19. Ma in Italia i tracciamenti...

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Il refrain di questi giorni è che il virus abbia iniziato a circolare soprattutto tra i giovani e che siano loro i nuovi vettori del Covid19. Ma in Italia i tracciamenti restano pochi e diversi aspetti della sorveglianza a partire dal controllo dei Green Pass sembrano non funzionare come dovrebbero. Ne abbiamo parlato con il professor Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell'università di Padova.

Professore, quanto è vero che il virus circola maggiormente tra i giovani? Anche perché di tracciamenti in Italia se ne fanno ben pochi.
«I tracciamenti in Italia non si fanno praticamente più e comunque non sono mai stati fatti come si dovrebbe farli. È chiaro che i giovani sono la frazione di popolazione meno vaccinata e quindi è una questione di probabilità: se il virus infetta un vaccinato su dieci e un non-vaccinato su tre, è evidente che circolerà maggiormente tra i giovani. La questione sono i non vaccinati, i fragili che hanno ricevuto il ciclo vaccinale ma non sappiamo ancora per quanto tempo saranno protetti. Sicuramente vaccinare i giovani aiuta, ma non vorrei che questa divenisse la scusa per nascondere i veri problemi del nostro Paese rispetto al Covid».

Quali sono?
«L'Italia non ha un sistema integrato di sorveglianza e tracciamento nazionale. Utilizziamo protocolli vecchi: a fronte di un infetto, vengono fatti i test ai familiari. A Singapore c'è stato un cluster importante in un aeroporto: per bloccarlo hanno fatto in pochi giorni quasi 300mila tamponi. Da noi il sabato e la domenica i tamponi diminuiscono anche del 60 per cento. C'è poco da aggiungere».

E a settembre riapriranno le scuole.
«Più che di riapertura delle scuole io parlerei di cosa si rischia avendo liberalizzato tutto senza alcuna seria valutazione del rischio e con una circolazione del virus importante e ben maggiore rispetto allo scorso anno. In questo senso il termine di paragone è l'Inghilterra: l'85% di popolazione è vaccinata ma hanno quotidianamente tra i 20mila e i 30mila casi e una media di un centinaio di morti, nonostante un sistema di contrasto efficace. Tenga conto che l'Inghilterra fa un milione di tamponi al giorno e ha una app con la geolocalizzazione. È tutta un'altra realtà rispetto al nostro Paese: in questi giorni in Italia vengono fatti al massimo 180mila tamponi. Per tacer del fatto che da noi vengono conteggiati insieme tamponi antigenici e molecolari».

Ma l'Inghilterra aveva scelto di ampliare il lasso di tempo tra prima e seconda dose. Con la variante Delta questo non ha aiutato.
«Vero. Ma hanno un numero di vaccinati con entrambe le dosi ben superiore a quello dell'Italia e questo ci dà la tara del fatto che la protezione vaccinale sta scemando».

Sta dicendo che servirà una terza dose di vaccino?
«No, le parlo di un dato di fatto. Anche perché per quel che riguarda la terza dose siamo nel campo della totale creatività: non è stata fatta ancora alcuna sperimentazione definitiva, capace di dare indicazioni. Bisogna adesso osservare Israele e vedere che tipo di dati ci fornirà: ad oggi l'evidenza maggiore è che l'effetto del vaccino sta scemando. E questa circostanza è evidente anche da noi: ci sono sempre più casi di persone infettate nonostante abbiano concluso il ciclo vaccinale e con livelli di anticorpi alti. Certo questi soggetti hanno una sintomatologia limitata, ma si sono infettati».

Stiamo parlando di persone con il Green Pass quindi.
«Guardi che il Green Pass non crea ambienti sicuri. Crea sicuramente ambienti più sicuri, ma non sicuri al cento per cento».

Questa sua dichiarazione alimenterà i novax e quanti contestano il Green Pass.
«In Italia il problema non sono i novax ma è politico: per la seconda volta abbiamo sprecato un vantaggio. La prima volta annullammo gli effetti del primo lockdown con le riaperture generalizzate, adesso le conseguenze positive dell'ultimo lockdown e della vaccinazione».

Cosa si sarebbe dovuto fare?
«Avremmo dovuto riaprire almeno due settimane più tardi e portare i casi a un numero ben inferiore, concentrando poi ogni capacità nel tracciare e limitare i singoli casi rimasti. Ma tutto questo i nostri politici non riescono a capirlo».

Si sarebbe dovuta imporre l'obbligatorietà per i vaccini?
«Su questo c'è un'ambiguità di fondo: i vaccini sono stati autorizzati in via emergenziale, motivo per cui non potevano essere imposti come obbligatori. Ma adesso di tempo ne è passato e dopo quattro miliardi di dosi somministrate sarebbe forse il caso di rivedere questa impostazione».

Chiedendo anche i documenti quando si presenta il Green Pass...
«Uno Stato che si rispetti, se vara una norma o una legge, implementa tutto il meccanismo per farla rispettare.

Cosa si aspetta in autunno?


«La dinamica in autunno dipenderà dalla durata della copertura immunitaria della vaccinazione, dalla presenza di varianti resistenti al vaccino e dal numero di vaccinati. Fare previsioni adesso è difficile. Sulla base di quello che vedo però c'è molto da fare in termini di sorveglianza e vaccinazione». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino