Fabio Di Lello, l'uomo di Vasto che ieri ha ucciso Italo D'Elisa, il 22enne che aveva investito la moglie, era un uomo distrutto. Da quando la sua Roberta non...
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A delitto avvenuto da poche ore qualcuno, solo adesso, riflette sull’agghiacciante fatto di sangue: è stato adeguatamente sostenuto, Fabio, in questi sei mesi, è stato fatto tutto il possibile per restituirgli, per quanto possibile, un briciolo di serenità? Dicono che l’uomo, tutti i giorni, si andasse a intrattenere al cimitero, sulla tomba di Roberta: un mesto rito, un segno ancora di vicinanza terrena a quella donna che le avrebbe dato presto un figlio. Non lo ha aiutato a guarire l’ambiente, perché, a eccezione di chi più gli voleva bene, la sua famiglia e quella della moglie, la vicenda giudiziaria dell’omicidio stradale era seguita dai cittadini e, sottolineata con domande sempre più insistenti: perché la giustizia non va avanti? Cosa si aspetta a giudicare e condannare il colpevole? Sì perché, per la piazza virtuale e non solo, il responsabile era lui, il ventunenne vastese ucciso ieri, già volontario del soccorso, reo di aver travolto e ammazzato Roberta.
Non ancora stabilita da un processo (a breve era in programma l’udienza preliminare) la tesi si era fatta già certezza, alimentata, come hanno detto ieri il suo legale, Pompeo Del Re e i familiari della vittima, da un "insostenibile clima d’odio". Niente a che vedere, insomma, con la composta manifestazione silenziosa di qualche mese fa, quando un corteo, sotto la pioggia, di sera, sostò davanti al tribunale, in testa un solo, eloquente striscione: Giustizia per Roberta. Sei mesi sono passati da quell’1 luglio e Fabio, prima felice al lavoro nel panificio dei suoi, ha ceduto alla non più sostenibile pressione psicologica. Si è procurato un’arma e si è vendicato. Come nel Far West. Giustizia fai da te. Sulla rete, ieri, in molti hanno giustificato il delitto, facendo inorridire il procuratore capo della repubblica di Vasto, Giampiero Di Florio: "Non mi parlate della rete, perché sono assolutamente contrario a queste forme di comunicazione. Vedo una gioventù malsana che non parla più, ormai ci si affida a questi commenti spregiudicati. Sono forme di violenza anche quelle. Non ho potuto partecipare giorni fa a un convegno al Festival della Scienza, che per la neve era stato rinviato, ma l’avrei voluto dire ai giovani: sono veramente stufo di queste comunicazioni in rete. La gente non parla più, e lì e cova l’odio". Gianni Quagliarella Leggi l'articolo completo su
Il Mattino