Venezuela, Guaidó chiama Trump: «Possibile intervento militare Usa»

Venezuela, Guaidó chiama Trump: «Possibile intervento militare Usa»
La resa dei conti e un intervento militare, quello americano, che diventa di colpo possibile. Il Venezuela, del resto, è...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
La resa dei conti e un intervento militare, quello americano, che diventa di colpo possibile.

Il Venezuela, del resto, è già in guerra: contro se stesso, tra due schieramenti interni, tra due visioni opposte e incompatibili del destino di un intero popolo.

Juan Guaidó, presidente del parlamento e capo di Stato ad interim, parla all’agenzia France Press e alza il tiro nei confronti di chi non esita a definire un dittatore. Quel Nicolás Maduro che rifiuta nuove elezioni nonché qualsiasi aiuto umanitario («Non siamo mendicanti») e che continua a strillare contro il demone statunitense.

Demone statunitense che presto potrebbe ritrovarsi sulla porta di casa.

Alla domanda: «Userà i suoi poteri di presidente per autorizzare un eventuale intervento militare degli Stati Uniti?», Guaidó risponde senza pensarci su due volte: «Faremo tutto ciò che è necessario. Nel rispetto della nostra sovranità, certo. Ma faremo tutto ciò che è necessario».

Non esclude nulla, insomma. Neanche la possibilità che l’esercito di Trump liberi finalmente un Paese tenuto sotto scacco dal delfino di Hugo Chávez e da un’orda di generali collusi, ma ogni giorno un po’ meno convinti.

Pare infatti che siano in corso delle trattative proprio tra l’intelligence di Washington e quella di Caracas. Un autentico negoziato che potrebbe sfociare in una resa formale del regime.



Maduro, dunque, sembra essere appeso a un filo. Ciononostante, non ha nessuna intenzione di mollare la presa e promette letteralmente battaglia.

In attesa di eventuali sviluppi, Guaidó fa la cosa che gli riesce meglio: agita la sua piazza. Convocata una mobilitazione generale per martedì, che qualcuno immagina già come la “spallata” definitiva al socialismo, e lanciati mille e più segnali nell’aere della diplomazia mondiale, schierata oramai quasi tutta dalla sua parte (il “quasi” ha tanto a che vedere proprio con l’Italia che viceversa ha preferito rimanere con il piede fermo sulla soglia di una neutralità per molti incomprensibile).



«È l’Obama venezuelano», scrive più di qualcuno in America mentre il trentacinquenne originario de La Guaira grida assieme alla folla «Sí, se puede!». Ovvero l’equivalente di quel «Yes, we can!» già entrato nella Storia.

Una Storia che Guaidó si è messo in testa di voler cambiare.



Leggi l'articolo completo su
Il Mattino