Vertice Usa-Canada su Corea del Nord e nucleare: la Cina grande assente

Vertice Usa-Canada su Corea del Nord e nucleare: la Cina grande assente
NEW YORK - Stati Uniti, Canada e altri 18 Paesi si incontrano a Vancouver per discutere di Corea del Nord e di nucleare. O almeno ci provano. ...

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NEW YORK - Stati Uniti, Canada e altri 18 Paesi si incontrano a Vancouver per discutere di Corea del Nord e di nucleare. O almeno ci provano.


Mentre continuano i negoziati diretti, lenti e delicati tra Pyongyang e Seul, però, la grande assente del summit è proprio la Cina. Il primo partner commerciale ma soprattutto politico di Kim Jong-un, infatti, non risponde all’appello e resta alla finestra ad osservare le manovre occidentali.

Inutili, dunque, le pressioni firmate Trump che proprio nel “dragone” ripone le sue speranze di pace.

Il momento è critico e la prudenza è d’obbligo. La priorità è non far saltare un tavolo necessario per gli equilibri del mondo intero.

Dall’amministrazione americana trapela un certo ottimismo ed è come sempre il segretario di Stato Rex Tillerson ad interpretare un ruolo tendenzialmente più moderato e più conciliante di diplomatico improvvisato, ma tutto sommato saggio e per l’appunto prudente.

«La posta in palio» del resto «è altissima», proprio come affermato dallo stesso Tillerson nel corso di un’intervista rilasciata di recente alla rete televisiva Cnn.



Al centro del vertice le sanzioni, unilaterali e multilaterali, imposte al dittatore nordcoreano e al suo popolo oramai in ginocchio. È possibile che le stesse siano oggetto di un’ulteriore giro di vite, così com’è molto probabile che la sorveglianza attorno ai confini marittimi della Corea del Nord venga rafforzata. Questo alla luce delle presunte violazioni cinesi che avrebbero favorito la fornitura di petrolio e di altri beni al regime amico.

Ad ogni modo, Pechino resta uno dei pezzi fondamentali di questa partita a scacchi e Xi Jinping e i suoi verranno informati sul corso dei lavori della diplomazia mondiale. Nella speranza che ci si continui a muovere, per l’appunto, all’interno del perimetro delle parole e dei negoziati. E non dei tweet e delle minacce. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino