La spuma bianca che fuoriesce con prepotenza e impazienza. L’azzurro del fiume che non si fonde con l’ocra della terra e segna un suggestivo confine cromatico. Oltre...
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Grazie alle immagini esclusive scattate dai nostri militari e pubblicate su “Informazioni della Difesa”, la rivista dello Stato Maggiore della Difesa, è possibile osservare la diga da vicino, ammirarne la maestosità, entrare nel suo cuore, come mai era avvenuto prima. E si può compiere un viaggio nei cunicoli di cemento che militari e tecnici percorrono quotidianamente per spostarsi da una parte all’altra della struttura, budelli umidi e bui nei quali è possibile persino imbattersi nei tappeti per la preghiera stesi a terra dagli operai musulmani. Fuori, alla luce del sole, sotto un caldo cocente che raggiunge persino i 50 gradi, i bersaglieri del 1° reggimento di Cosenza, della brigata Garibaldi, proteggono il campo base di dieci ettari, formato da moduli prefabbricati e dotato di protezioni perimetrali. L’area viene presidiata con pattuglie armate e dispositivi elettronici di ultima generazione 24 ore su 24. In cima alle altane i fanti piumati scrutano l’orizzonte per individuare eventuali minacce. Sul terreno, per gli spostamenti ci sono i mezzi blindati Lince, gli stessi che tante vite umane hanno salvato in Afghanistan. I bersaglieri armati scortano i tecnici nei loro spostamenti nel cantiere. Immagini che mostrano l’impegno dei soldati della Task Force Praesidium, inquadrati nella missione Prima Parthica, la cui presenza proseguirà fino all’ultimazione dei lavori che fortunatamente procedono più speditamente di quanto previsto. Compito dei militari del contingente italiano quello di sorvegliare, congiuntamente alle forze di sicurezza locali, l’area interessata dai lavori. Il bacino d’acqua in questione è indispensabile per il funzionamento della rete elettrica irachena. La diga di Mosul, conquistata per circa due settimane, nell’agosto del 2014, dai miliziani del Califfato, venne riconquistata a settembre dai Peshmerga curdi. Si regge su un equilibrio instabile. È a rischio per via del terreno su cui poggia che presenta strati di gesso e anitrite, sostanze solubili in acqua, che ne rendono fragili le fondamenta. Qualora dovesse cedere è stato stimato che un’onda di 20 metri sommergerebbe Mosul, seconda città dell’Iraq, e potrebbe giungere anche fino a Baghdad, a 350 chilometri di distanza. Era considerata un potenziale obiettivo dell’Isis ma oggi ormai i miliziani dello stato islamico sono stati sconfitti dalle forze governative irachene al termine di una battaglia iniziata lo scorso 17 ottobre. Centinaia di tecnici della Trevi sono impegnati ogni giorno nell’esecuzione dei lavori di perforazione e iniezione di speciali miscele di cemento nelle cavità che si sono formate negli strati rocciosi su cui poggiano le fondamenta dello sbarramento. Su di loro, per tutto il tempo, vigileranno i bersaglieri e, a breve, gli alpini. Composto da 1.400 soldati il contingente italiano della missione Prima Parthica, guidato dal generale Francesco Ceravolo, è il più numeroso dopo quello statunitense in Iraq. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino