Vigile timbrava il cartellino in mutande, il Comune di Sanremo deve reintegrarlo: maxi risarcimento da 250mila euro

Alberto Moraglia è stato assolto dall'accusa di truffa e dopo sette anni dal licenziamento potrà tornare a lavoro

Vigile timbrava il cartellino in mutande, il Comune deve reintegrarlo. Maxi risarcimento da 250mila euro: era un "dipendente modello"
L'immagine del vigile che timbrava il cartellino in mutande era diventata il simbolo dell'assenteismo sul posto di lavoro da quando le immagini...

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L'immagine del vigile che timbrava il cartellino in mutande era diventata il simbolo dell'assenteismo sul posto di lavoro da quando le immagini registrate dalla Guardia di Finanza nel Comune di Sanremo avevano scoperchiato il vaso dei furbetti. Tra questi c'era proprio Alberto Moraglia, pizzicato in boxer e maglietta mentre strisciava il badge. Ma in verità il vigile era un dipendente modello, ed è per questo che è stato assolto dall'accusa di truffa e ora sarà reintegrato sul posto di lavoro con tanto di risarcimento. 

Per richiamare in servizio Moraglia è stato necessario l'intervento della sezione Lavoro della Corte d'Appello di Genova, che ha sancito il reintegro in Comune. Palazzo Bellevue gli deve ora corrispondere «a titolo di risarcimento del danno» la retribuzione globale «dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegra». Contributi compresi. Una cifra che si aggira attorno ai 250 mila euro considerando che Muraglia è stato licenziato il 22 gennaio 2016. Sette anni fa. 

L'inchiesta della Guardia di finanza che rese evidente la figura del furbetto del cartellino nel comune di Sanremo partì il 22 ottobre 2015, in un blitz rimasto nella storia della Città dei fiori: vennero notificate 43 misure cautelari di cui 34 arresti domiciliari, 8 obblighi di firma. Tra gli indagati, patteggiarono i dipendenti sopresi in flagranza di reato: c'era chi andava a fare la spesa ma anche chi andava a farsi un giretto in canoa. Di questi 16 sono stati rinviati a giudizio e 10 processati, e assolti. Erano accusati di assenza ingiustificata in orario di ufficio. Tra questi c'era Alberto Moraglia. Accusato di timbrare in mutande, come da immagine catturata dalle telecamere installate dalla Gdf, per poi tornarsene a casa (da qui l'accusa di truffa , il vigile affrontò serenamente il processo consapevole di non aver fatto nulla di penalmente rilevante. D'altro canto, timbrare il cartellino in mutande non configura la fattispecie di alcun reato possibile. «Mi è capitato di smontare dal servizio, di arrivare a casa e ricordarmi di non aver timbrato. Per evitare di rivestirmi sono andato a strisciare il badge anche in pigiama» aveva detto il vigile al magistrato. E infatto Moraglia venne assolto: scrissero allora i giudici: «Non solo (Moraglia) timbrava, ma iniziava a lavorare mezz'ora prima del suo turno». Smontate tutte le accuse l'ex vigile poteva aspettarsi che Palazzo Bellevue revocasse il licenziamento del 22 gennaio 2016. E invece no: il provvedimento è stato confermato nel maggio di quest'anno. L'ormai ex vigile, che s'era inventato factotum aprendo un piccolo esercizio da tuttofare, non ha rinunciato però alla battaglia. Ha presentato ricorso e l'ha vinto.

 

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Il Mattino