Voghera, l'assessore Massimo Adriatici: «Il colpo? Non so come è partito». Per i pm voleva sparare

Quel colpo partito dalla calibro 22 di Massimo Adriatici non è stato accidentale. «Uno sparo consapevole», secondo i pm della Procura di Pavia che hanno...

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Quel colpo partito dalla calibro 22 di Massimo Adriatici non è stato accidentale. «Uno sparo consapevole», secondo i pm della Procura di Pavia che hanno indagato l'assessore alla sicurezza del Comune di Voghera per eccesso colposo di legittima difesa. Martedì sera, davanti a un bar in piazza Meardi, il politico leghista ha ucciso Youns El Boussettaoui, 38 anni, vari precedenti ed equilibrio mentale instabile, tanto da essere sottoposto a un Tso. Già il giorno prima aveva dato in escandescenze e Adriatici, che ha assistito alla sua esibizione con i pantaloni abbassati, ha chiamato le forze dell'ordine. La sera dopo si sono ritrovati di nuovo uno di fronte all'altro: l'assessore ha premuto il grilletto, ma ad alleggerire l'accusa iniziale di omicidio volontario contestatagli con l'arresto dei carabinieri in flagranza di reato sono intervenute alcune attenuanti psicologiche. Il marocchino l'ha colpito con un pugno in faccia, Adriatici ha perso gli occhiali, è andato in confusione. 

Ieri l'assessore - che è agli arresti domiciliari ed è «un uomo distrutto», assicurano i suoi legali - è stato interrogato per tre ore dal gip Maria Cristina Lapi: «Non ho un ricordo preciso, non so come sia partito il colpo», si è difeso. «Stavo passeggiando in piazza - è la sua ricostruzione - quando ho notato quell'uomo infastidire i clienti di un bar. Mi sono avvicinato, l'ho redarguito invitandolo ad andarsene e a quel punto ho chiamato la polizia. Sentendo la mia telefonata, mi ha spinto facendomi cadere. È stato a quel punto che dalla pistola già impugnata è partito il colpo». I suoi avvocati sostengono che l'assessore non sia andato a cercare il marocchino, per controllare che non si ripetesse quanto accaduto la sera precedente: «Non ha fatto lo sceriffo, ma l'esatto contrario. Ha chiamato le forze dell'ordine». 

E proprio mentre lo stava facendo El Boussettaoui si è avvicinato e gli ha dato «un violento schiaffone che gli ha procurato una profonda ferita all'arcata sopraciliare», spaccando gli occhiali oltre a causare «un grande turbamento» che non gli consente di ricordare con esattezza la dinamica. Ma ci sono due dettagli, che irrilevanti non sono. Il primo: Adriatici girava per la città armato e con un colpo in canna. «Aveva fatto richiesta di porto d'armi per delle situazioni di pericolo rappresentate alle autorità competenti e ritenute sussistenti, tant'è che gli è appena stato rinnovata la licenza», spiegano i suoi avvocati. Quanto alla pistola pronta a sparare, quando una persona come l'assessore «è sottoposta a un addestramento da poliziotto e si porta dietro un'arma, sa che se si trova in una situazione di pericolo può andare in panico». Invece, se toglie la sicura, «può sparare senza stress e non fare ulteriori attività che accorciano i tempi».

Nel video sulla morte di Youns El Boussetaoui ripreso da una telecamera di sicurezza ed elaborato con tecniche di maggiore definizione emergerebbe un «dettaglio importante» e la Procura ha disposto una consulenza affidata a un ingegnere informatico. Altro punto cruciale all'esame dei pm è la telefonata fatta da Adriatici quando la sua vittima è caduta a terra: ha chiamato il commissariato e non il 112. Le volanti però erano tutte impegnate e sono arrivati i carabinieri, ora titolari delle indagini. La domanda è: perché l'assessore ha telefonato a un numero fisso e non d'emergenza? Adriatici è un ex poliziotto, figlio di un ex agente, e forse questo spiega la sua consuetudine con gli ambienti commissariali. Oggi il gip deciderà sulla convalida dell'arresto. 

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Il Mattino